Il mistero di Emanuela Orlandi si è trasformato in una caccia al tesoro
Nessuno pensa alla famiglia della ragazza, al loro dolore. "I giornalisti sono diventati tombaroli. È la malizia che sfrutta il dolore"
"Ci sarebbe da ridere se non fossimo davanti a un dramma che si trascina da troppo tempo”, mi dice sconsolato il monsignore al quale chiedo di spiegarmi come la vede lui sul caso di Emanuela Orlandi. Gli porto la paginata del Corriere della Sera con le indicazioni su dove potrebbero essere davvero sepolti i resti della ragazza sparita nel nulla più di trent’anni fa. “E’ una pena vera, adesso siamo alla caccia al tesoro, con il suggerimento di scavare dove indica l’angelo rappresentato in una statua. E poi quell’indizio che sarebbe nascosto nella frase ‘Requiescat in pace’, che altro non è che la conclusione del Requiem Aeternam, piissima preghiera cristiana. Ma ci rendiamo conto?”. Il monsignore non può ricevermi a pranzo – “Ma non è ancora Quaresima, è solo che devo controllare il colesterolo nel sangue per motivi di pressione arteriosa” – pensa alla famiglia della ragazza, al loro dolore e se la prende con i giornalisti: “Tombaroli. Sono diventati tombaroli. Trovano ossa nella nunziatura sulla Salaria e sono le ossa di Emanuela Orlandi. Arriva una lettera che suggerisce di indagare sul Camposanto teutonico e sono le ossa di Emanuela Orlandi. E’ uno strazio, e lo dico io che della faccenda non ne so nulla”. In effetti, gli ricordo la storia della nunziatura: “Titoli in prima pagina, inchieste e interviste molto allusive. Poi, quando si è scoperto che si trattava di antichi romani, alla cosa è stato riservato qualche piccolo e illeggibile trafiletto nelle pagine interne dei giornali. E’ una malizia che sfrutta il dolore, soltanto questo”.