I due punti fermi nel negoziato per portare Xi Jinping dal Papa
Il cardinale Pietro Parolin avvisa però che “per incontrarsi bisogna essere in due”
Anche per questa settimana la Gran Sottana e il suo “Passeggiare in Vaticano” cede lo spazio al vaticanista del Foglio, per un aggiornamento relativo al fatto della settimana.
Ci sarà o non ci sarà l’incontro tra il presidente cinese Xi Jinping e il Papa? Per giorni si è letto di insistenti tentativi del Vaticano per portare il leader asiatico al cospetto di Francesco, facendogli sapere che non si sarebbe trattato di un incontro ufficiale – una visita di stato – ma di una semplice udienza privata. Il tutto serviva a mo’ di rassicurazione: nessuna volontà di segnalare con trombe e ottoni la storica stretta di mano, men che meno il desiderio di mettere la bandierina sull’ennesimo successo diplomatico del pontificato bergogliano. Sarà andata davvero così? Due le certezze. La prima arriva dal versante romano: la Santa Sede è disposta a favorire l’incontro – come con tutti, basta chiedere e le porte vengono aperte – il Papa ha l’agenda quasi vuota e comunque una mezz’ora la si trova. La seconda è relativa al fatto che a tentennare è Pechino e in particolare quei settori del Politburo che hanno mandato giù a fatica (gran fatica) l’Accordo provvisorio siglato con la Santa Sede lo scorso settembre. Sono loro a non gradire un’eccessiva esposizione di Xi sul fronte “religioso”. Il cardinale Pietro Parolin, che di Cina ne sa come pochi, ha confermato implicitamente lo stato delle cose, affermando che per incontrarsi bisogna essere in due. Si vedrà, con Francesco tutto è sempre possibile, si era parlato di un possibile breve incontro fuori dal Vaticano, anche se non sembra che l’apparato di sicurezza sia stato allertato in tal senso.