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Sammarco, l'avversario di Lanzalone, verso la presidenza Ama

Valerio Valentini

L’avvocato titolare dello studio in cui lavorava Virginia Raggi ha un solo grosso problema: quelle chat con Marra

Roma. Il paradosso è che ora dovrà essere proprio lei, la sua “cara Virgin”, a vagliare il curriculum di lui, di Pieremilio Sammarco, e cioè del suo mentore, del suo primo vero capo, del suo più fidato consigliere che, nei mesi più tribolati di questi tribolatissimi anni di Virginia Raggi in Campidoglio, era lì a consigliarla, a indicarle – lui a lei – le persone da promuovere. “Lei mi ha chiesto ausilio anche per altri nomi”, confidava Sammarco, col tono del pigmalione, a Raffaele Marra all’indomani della nomina di Raffaele De Dominicis, rimasto assessore al Bilancio solo in potenza, per qualche ora, prima che la stessa Raggi s’incaricasse di rimuoverlo perché l’incauto magistrato si lasciò scappare col più ingenuo dei candori che a chiamarlo per chiedergli “la disponibilità” era stato proprio lui, “l’amico Sammarco”.

 

Ora invece toccherà alla Raggi decidere se il nome del cinquantenne titolare di uno degli studi più noti del quartiere Prati e dell’intera città, lo stesso dove “Virgin” aveva svolto il suo praticantato, già legale di Cesare Previti e anche per questo guardato con sospetto dall’ortodossia grillesca capitolina, è tra quelli adatti, in mezzo ai centrotrenta candidatisi, per andare a ricoprire il ruolo di consigliere d’amministrazione di Ama. Sammarco ci spera, ovviamente: e forse, sussurrano in Campidoglio, se ha deciso di mettersi in discussione, sapendo già che sul suo profilo si sarebbe scatenata la canea interna al M5s, lo ha fatto perché ha una discreta certezza che non solo entrerà tra i tre prescelti per il cda della municipalizzata dei rifiuti, azzerato dalla Raggi a metà febbraio, ma che sarà proprio lui il presceltissimo che andrà a sostituire l’ormai ex presidente e amministratore delegato Lorenzo Bagnacani.

 

Dovrà sperare, Sammarco, che anche stavolta la sua Virginia segua la dottrina che lui le raccomandava sin dall’inizio, sin da quando, cioè, lei regnante da appena due mesi, le spiegava che “il cannoneggiamento andrà avanti finché lei non dichiarerà pubblicamente di volersi avvalere dei suoi collaboratori più fidati”. Così, almeno, Sammarco scriveva a Marra, in messaggi carichi di stima reciproca. E proprio quella intimità col dirigente del Comune finito poi in carcere nel dicembre 2016 con l’accusa di corruzione e per questo condannato a 3 anni e mezzo di reclusione, proprio quei “non ti scrivo ma ti penso” di Marra a Sammarco, proprio quei “qualunque cosa, io lo sai ci sono sempre per te”, “fiero di essere tuo amico” di Sammarco a Marra, proprio questa sconveniente vicinanza che fu, e che fu forte nell’estate e nell’autunno di tre anni fa, potrebbero essere il più grande ostacolo, oggi, all’apoteosi dell’avvocato romano.

 

Parlavano d’altronde sempre alla prima plurale, Marra e Sammarco. “La nostra”, dicevano, per riferirsi alla sindaca. “Spero vivamente che si possano eliminare le scorie che rallentano la nostra ‘macchina’”, si augurava Sammarco con l’amico. E insieme concordavano i messaggi da inviare alla Raggi, si confrontavano via WhatsApp su come convincerla, ad esempio, a rimuovere Carla Raineri dal ruolo di capo di gabinetto, e soprattutto Marcello Minenna dall’assessorato al Bilancio, sostituendolo “con un nome di primissimo piano, altro che un funzionario Consob” (cit. Marra) come De Domincis. Sennonché poi tutto precipitò, e la Raggi scelse per conto suo: “Con Mazzillo… Stiamo a posto allora”, si sfogava infatti Sammarco con l’amico. Per dire che, in fondo, neppure stavolta è poi scontato che la “cara Virgin” faccia quello che, più o meno direttamente, il suo vecchio mentore sembra suggerirle.

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