Il Pd alla ripartenza
Primo partito a Roma, autocritica sulle periferie, road map antiRaggi. Parla Casu
Roma. È il day after della batosta grillina nazionale e locale, il M5s a Roma è sceso al 17,6 per cento e il marito di Virginia Raggi, Andrea Severini, descrive sul suo blog l’amaro risveglio politico e familiare, e arriva a sfogarsi contro (così pare) l’elettore ingrato che non ha rinnovato il consenso al M5s nonostante gli sforzi della consorte (“perché stiamo sacrificando del tempo a nostro figlio e soprattutto per chi lo stiamo facendo?… perché stai buttando il tuo tempo dietro a persone così superficiali che si fermano all’apparenza?”). E insomma qualcosa cambia intanto nelle parole, nella città dove la Lega, passando per l’affermazione in periferia, arriva al 25,8 per cento, e il Pd, dopo anni di crollo di popolarità, risale al 30,8, diventando primo partito, sebbene non in periferia. E sempre alla periferia, luogo principe per catarsi sognate, tutti tornano intanto con il pensiero: il sindaco, pensando a rimpasti in giunta e al Salva-Roma sospeso sulla via dello scontro con la Lega, dice di voler “ricominciare dalle periferie”.
Ma parla di periferie anche il segretario del redivivo Pd Andrea Casu, in chiave autocritica, dopo anni in cui il Pd pareva essersi specializzato in ripartenza dalle periferie al momento del bisogno (scoppio del caso “Mafia capitale”, per esempio, o vigilia elettorale). “Nelle periferie abbiamo fallito tutti”, dice Casu, “Ci prendiamo le nostre responsabilità nell’abbandono di questi anni, frutto anche dei nostri fallimenti”, dice Casu. “Va detto però che a livello nazionale erano stati stanziati importanti fondi per le periferie, con i governi Renzi e Gentiloni, che però a Roma non sono mai arrivati perché il sindaco Raggi non è stato nemmeno in grado di spenderli. Gli unici interventi che si vedono nelle periferie sono quelli partiti dalla Regione Lazio di Nicola Zingaretti”.
E però il Pd, in questi anni, non è stato certo percepito come un partito vicino alle zone del disagio cittadino. “Se si chiede un voto bisogna aver prima risolto un problema, e su questo, ripeto, ci prendiamo le nostre responsabilità. Ma ci sono zone della città con problemi di urbanizzazione primaria, e zone dove l’emergenza abitativa resta tale anche perché il sindaco ha disatteso impegni messi nero su bianco con due delibere nel 2017”.
Tra autocritica e critica, il Pd primo partito in città non ha più scuse. Come si prepara alla lotta per la successione capitolina? Per Casu la strada deve passare per “il coinvolgimento delle energie civiche” (per esempio dai comitati spontanei del tipo di “Roma dice basta” e “Bye Bye Raggi”), da “primarie aperte” e dal “no” al “prolungamento dell’agonia”. No quindi al dialogo con Raggi che una parte del Pd romano (poi smentita da Casu) ha ventilato? “No, assolutamente no. Collaborare significherebbe dare uno schiaffo ai nostri elettori e consegnare la città a Matteo Salvini”.