Strano ma vero: l'Estate Romana tiene botta, meglio di Milano
Roma si concede senza ritegno. Dalle serate a Castel Sant’Angelo ai concerti a Villa Ada, da Villa Celimontana e al fontanone del Gianicolo, dal Parco alla Casa del Jazz a Villa Pamphili, dal Rock a Capannelle ai suoni sofisticati di Ostia Antica
Roma. Il luogo non è sfuggito a un’attenta osservatrice di costumi urbani come Camilla Baresani. Che, nella sua rubrica settimanale sulle pagine del Corriere ha scritto: “A Milano non c’è. Per tenere alto l’orgoglio ammaccato della Capitale, segnaliamo il Wunderbar, in posizione irripetibile. Un cocktail bar nei giardini dello Gnam, tra sculture di celebrati artisti novecenteschi e vasche metafisiche, e panchine a nido per languidi sognatori…”. Chissà cosa ne penserebbe Renato Nicolini, geniale ideatore di quell’estate romana che, nel 1977, ha contribuito a portare la città fuori dagli anni di piombo, spingendo i suoi abitanti a uscire di casa e rioccupare le piazze, non per contestare ma per godersi lo spettacolo nel segno dell’effimero, che poi tanto effimero non era. Il bar aperto quest’anno allo Gnam è la prosecuzione di tutto ciò con altri mezzi, a colpi di moscow mule e mojito. Perché se c’è ancora qualcosa che a Roma funziona, tiene botta, è proprio la manifestazione che ancora si chiama “estate romana”. Per i cittadini è abitudine: “Cosa c’è, quest’anno, all’estate romana?”. E per una volta Milano è costretta a inseguire. Anche perché poi, come scrive Baresani, “le location fanno la loro parte”. Vuoi mettere ascoltare una lettura a Massenzio piuttosto che alla biblioteca Sormani? Se proprio vogliamo metterla sul paragone spiccio, l’estate romana poi è un brand, con tanto di sito dedicato dal Comune, quella milanese no. Vero poi che il livello degli spettacoli gratuiti offerti dal Campidoglio è piuttosto basso e, se si vuol vedere qualcosa di elevato, tocca mettere mano al portafogli. Come quest’anno Thom Yorke alla Cavea dell’Auditorium, L’Aida alle Terme di Caracalla o La bisbetica domata al Globe Theatre. Ecco, il teatro in perfetto stile shakespeariano è un’altra cosa che Milano non ha.
“Roma in estate è più popolata, anche nel week end, mentre a Milano si fugge. Romani e turisti danno alla città quell’aria vacanziera e spensierata che mette voglia di uscire e di andare a vedere uno spettacolo, foss’anche solo un film all’aperto, a San Cosimato o alla Garbatella”, osserva Angelo Bucarelli, esperto d’arte e organizzatore di eventi. Se Roma va per quantità ed è più caciarona, basti vedere la coattissima manifestazione sulle sponde del Tevere (dove però tra decine di stand da strapaese spuntano gioielli come l’Isola del cinema e il Magik Bar), Milano è più sparagnina, ma con qualche idea originale in più. Per esempio, solo ai milanesi poteva venire in mente di proiettare film sui tetti dei palazzi. Lo fa il Cinema Bianchini. Che organizza pure il cinema con cena incorporata (a scelta menu di terra, di mare, vegetariano o vegano) e il cinema in un luogo segreto: vi prenotate e vi dicono all’ultimo dove andare. L’associazione Arse, invece, vi fa cenare all’interno di musei e luoghi d’arte. Milano d’estate, però, significa soprattutto Milanesiana, la manifestazione libresca di Elisabetta Sgarbi, gli eventi al Castello Sforzesco e live music un po’ ovunque, come ai Bagni Misteriosi, la piscina chic del Franco Parenti al cui confronto, come frequentazione, Capalbio sembra Viserbella. “Rispetto alla moltitudine di eventi ogni settimana dell’anno, l’estate milanese resta un po’ sottotono. Le grandi mostre si prendono una pausa”, osserva Luigi Mascheroni, giornalista culturale del Giornale. La situazione, però, sotto la Madonnina è molto migliorata rispetto al passato, quando l’estate in città trascorreva tra noia, afa e zanzare.
Roma, invece, si concede senza ritegno. Dalle serate a Castel Sant’Angelo ai concerti a Villa Ada, da Villa Celimontana e al fontanone del Gianicolo, dal Parco alla Casa del Jazz a Villa Pamphili, dal Rock a Capannelle ai suoni sofisticati di Ostia Antica. Coi locali che aprono la loro versione estiva, come ‘Na Cosetta, dal Pigneto al Mandrione. Con un paio di chicche: l’Ape Rossa, veicolo dell’archivio storico del movimento operaio, che porta reading e teatro di strada in periferia, e le passeggiate urbane a tema, con visite guidate “teatralizzate”. Forse il festival dei poeti a Castelporziano (1979) era un’altra cosa. Ma quella stagione resta irripetibile e fare paragoni ha un effetto distopico che non serve a nulla.