McDonald's sarebbe stata l'unica cosa decorosa intorno a Caracalla
Ridono Montanari, Bonisoli e Raggi. Roma piange. Reportage dal degrado capitale, ecco gli effetti dell’ideologismo grillino
Roma. “Uno scempio”: così alcuni giornalisti, opinionisti e politici negli ultimi giorni hanno ripetutamente definito il progetto dell’apertura di un McDonald’s in uno spazio vicino all’area archeologica delle terme di Caracalla. L’ondata di indignazione, di cui si è fatta portavoce anche la sindaca Virginia Raggi, ha infine portato alla decisione del Ministero dei Beni culturali, in mano ad Alberto Bonisoli del Movimento 5 Stelle, di bloccare il cantiere e mandare gli operai a casa. A quanto pare un McDonald’s deturperebbe il paesaggio in maniera inaccettabile e il contrasto sarebbe una violenza verso il gioiello che è l’area archeologica delle Terme di Caracalla. Una spiegazione che può andar bene a chi non ha mai avuto occasione di passeggiare per le vie Aventina e Baccelli, che circondano il lotto di terreno che è attualmente occupato dallo “storico” vivaio che vuole ospitare il McDonald’s. L’immagine che si presenta agli occhi è quella del degrado più totale: le erbacce su cui evidentemente non si mette mano da mesi si alternano a lingue di fango a tratti rinsecchite e a tratti ancora fresche. Tutto ciò decorato da una vastità, tra le altre cose, di cartacce, bottigliette di plastica, bustine da spaccio, blisters vuoti di psicofarmaci, confezioni di preservativi usati, boccine di amaro vuote, cocci di bottiglie di birra, un parafango e diversi cerchioni di una macchina. Rifiuti lasciati lì dal Comune probabilmente perché, trattandosi di un’area archeologica da tutelare, potrebbero essere appartenuti a qualche antico romano.
Una prostituta, mentre passiamo, ci mostra cosa ha da offrire mentre si fa viva l’immagine raccapricciante di ciò in cui si può trasformare un luogo del genere nella notte. E’ incredibile pensare come, nel far esplodere gli “scandalo”, “scempio” e “vergogna”, sia più efficace un McDonald’s rispetto alla situazione sopra descritta. E anzi, la famosa catena di fast food sarebbe l’unica soluzione possibile per intervenire su quell’oasi di degrado che deturpa obiettivamente il paesaggio archeologico: come ha spiegato Stefano Ceccarelli, proprietario dell’Eurogarden di via Baccelli, al sito Gamberorosso.it, si è cercata per mesi un’azienda di ristorazione che fosse interessata ad occupare 800 metri quadri del 10 mila che occupa il vivaio. Semplicemente perché, a livello economico, la Eurogarden fatica a stare in piedi da sola. Ma tra le varie proposte, Ceccarelli ha potuto constatare che l’unica azienda disposta a occuparsi della riqualificazione dell’area che oggi si presenta come una piccola discarica a cielo aperto, è stata quella del fast food più famoso del mondo.
Provate a chiedere a qualsiasi romano qual è la piazza tenuta meglio a Roma: sarà difficile che non sia fatto il nome di Piazza Cavour. Questo cosa ha a che fare con l’area di via Baccelli? Semplicemente, mentre le aiuole nel resto della Capitale marciscono in mano al Comune che non ha i soldi o i mezzi per mantenerle, piazza Cavour ha un aspetto impeccabile perché la sua manutenzione è affidata ad un privato che ha la sua attività sulla piazza. La dimostrazione che, quando il Comune non ha i mezzi per provvedere al decoro urbano, può sempre affidarsi a qualche privato che ha un interesse evidente a possedere un’attività in un luogo che non sia in balia del degrado più assoluto. E a via Baccelli è questo che dovrebbe succedere.
E’ chiaro che il McDonald’s riqualificherebbe l’area circostante e, checché ne dicano i cavalieri dell’immobilismo romano, renderebbe più civile e vivibile le stesse Terme di Caracalla. Il tratto di via Baccelli che le costeggia è quello descritto sopra. In trenta minuti, oltre alla prostituta, non si fa vivo nessuno, fatta eccezione per un turista croato che non trova l’entrata e guarda disgustato tutto ciò che è in terra. Chiede informazioni e ci confida che credeva che Roma fosse molto più pulita. Probabilmente lo sconvolgerebbe molto meno un McDonald’s lì vicino, rispetto a tutto quello che si trova tra le erbacce che dividono le Terme dal vivaio.
Costeggiando l’antico edificio su Via Aventina, per tornare alla fermata di Piramide, ci si può accorgere di uno di quegli orrendi camion bar dei Tredicine che, davanti all’entrata per le Terme di Caracalla, vende panini, birre ed acqua. L’ex sindaco Marino li aveva espulsi dalle aree archeologiche, ricevendo anche minacce di morte, ma dopo la sua caduta sono tornati più invadenti di prima, senza che la sindaca Raggi ne abbia efficacemente ostacolato la presenza in via dei Fori imperiali, al Colosseo, in quasi tutto il centro storico. La stessa sindaca che oggi chiede di poter “tutelare le meraviglie di Roma”, bloccando la costruzione di un esercizio commerciale che in tutte le altre città europee ha uno spazio nel centro storico dove offre un servizio di successo, trasparente e onesto.
I fast food e le catene internazionali in Italia hanno vita difficile, basti pensare al caso di Starbucks a Milano, al caso del Burger King a Torino che ha portato a scontri degli studenti con la polizia per tre giorni, o alle proteste, sempre a Roma, per i lavori che porteranno all’apertura di un altro McDonald’s vicino al Pantheon. Proteste che rendono Roma la capitale dell’immobilismo e degli ostacoli all’iniziativa economica. Un nemico a due teste, fatto di burocrazia e opinione pubblica. Se si pensa poi che il McDonald’s a via Baccelli non dovrà occupare lo spazio di 800 dei 10 mila metri quadri che si affaccia sulle Terme, ma quello concentrato nella parte esattamente opposta, senza che sia visibile dalla strada o dalla zona archeologica delle terme di Caracalla, si ha il dubbio che anche questa, come succede troppo spesso a Roma, sia più una battaglia ideologica che politica.