Un pomeriggio nella macelleria più bella e antica della capitale
Da Angelo Feroci ci vanno tutti: romani, turisti, professionisti e molto sottobosco parlamentare
Roma. Quando in un ristorante ti dicono che la carne è di Feroci, già cambia tutto. Angelo Feroci è la macelleria più famosa della città. Non l’unica certo. Di storiche ce ne sono diverse, Annibale a Via di Ripetta o l’Antica Macelleria Flaminio, a Viale del Vignola, per dirne un paio. E poi c’è Feroci. La bottega è a Via della Maddalena, una strada di gran passaggio, quella che da piazza di Montecitorio porta al Pantheon, tra la Camera e il Senato. E infatti davanti c’è sempre un gran via vai di persone: romani, turisti, professionisti e molto sottobosco parlamentare. I romani entrano e vanno dritti al bancone: sono habitué, sanno già cosa vogliono. Ci vengono apposta, da tutta la città. Feroci è bottega storica e d’eccellenza. “Il negozio è sempre stato qui, ed è così com’è adesso dal 1923”, spiega Mario Polzella, 87 anni, patron di un’azienda che dà lavoro a 43 persone, molte delle quali straniere. “Tutte in regola!”, tiene a precisare.
Angelo Feroci era suo zio, aprì la bottega ai primi Novecento, poi il testimone passò ad Aldo, suo padre. Il signor Mario ha iniziato a lavorare qui, nell’azienda di famiglia, a 13 anni: era il 1953. “Roma era bellissima, qui c’era un netturbino che teneva la strada come un gioiello, l’immondizia te la venivano a prendere a casa. Davanti c’era un pizzicagnolo, poco più in là una pescheria. Scendevano le donne e la servitù delle famiglie nobili per fare il giro completo: il pane, il pesce, le verdure, la carne…”. Nulla è rimasto: intorno solo ristoranti e bar di terza categoria, gelaterie, negozi di abbigliamento cheap. Poco più avanti resiste Fortunato al Pantheon, dall’altro lato La Rosetta. “Roma ha toccato il punto più basso, non è mai stata ridotta in questo stato, fa male al cuore vederla così…”, osserva Mario Polzella.
Ma torniamo alla carne. “Dicono che fa male. Io la mangio tutti i giorni, quella rossa, anche due volte al dì, e sono ancora qui. Ma rispetto le scelte di tutti: vegetariani, vegani. Ognuno fa quello che vuole, l’importante è non imporre le proprie abitudini agli altri, i fanatici nun se reggono. Qui da me, comunque, le vendite vanno bene…”, osserva il signor Mario. All’inizio la macelleria Feroci, come tutte le altre, trattava solo bovini e vitelli. Per il pollo c’erano le pollerie. Poi si è iniziato pure con polli e suini. Nel 1989 altra svolta con la scelta di preparare pietanze cotte o pronte a cuocere. “Prima le donne non lavoravano, avevano tempo per cucinare, ma poi non è stato più così, quindi mia moglie ha avuto l’idea di proporre cibi già pronti”, racconta Mario Polzella. E così, tra cotti e da cuocere, si trova la trippa, le polpette al sugo oppure al curry, gli involtini ai carciofi, gli hamburger con verdure, la tagliata al pepe rosa, le bistecche al timo. Si azzarda pure con le cotolette al pollo con corn flakes. La carne, un po’ a sorpresa, non è italiana, ma viene da Olanda e Danimarca. “Abbiamo fatto questa scelta diversi anni fa perché la qualità della carne italiana si è molto abbassata rispetto ai prezzi”, spiega il signor Mario. Ora siamo alla quarta generazione, dietro il bancone ci sono 5 dei suoi 6 figli: Stefano, Roberto, Alberto, Alessio e Massimo. Manca solo la femmina, Miriam, che fa altro. I nipoti sono già più di quindici. Feroci lavora per ristoranti, per il Parlamento e pure per il Papa. Qual è il suo taglio preferito? “Tutti dicono il filetto (che sta a 50 euro al kg, ndr), ma solo perché è morbido. Io preferisco una bella bistecca, più saporita”. Il segreto di Feroci? “La qualità. E la pulizia. Non si deve sentire odore di carne. Il banco va pulito almeno due volte al giorno”. I turisti entrano un po’ timidi, restano ammaliati dal bancone, dai marmi di Carrara. Scattano foto. Comprano pure. Capiscono di essere in un posto speciale.