Modello via Veneto, la strada dove tutto è curato dai privati
La via della Dolce Vita è un lungo alternarsi di aiuole in buono stato, "adottate" dagli alberghi di lusso, e grovigli di sterpaglie e rami caduti cui il Comune non riesce a porre rimedio
Roma. “La sera scende sulla strada più famosa di Roma, con una brillante morbidezza di colori che il bianco e nero della fotografia può solo suggerire”. E’ la frase con cui Romolo Marcellini nel 1951 apre un suo documentario sulla via della Dolce Vita, in cui ci mostra l’impeccabile presentabilità di un viale che era il biglietto da visita della Capitale agli occhi dei tantissimi turisti che la conobbero in quegli anni. Quella che un tempo era la “strada più famosa di Roma”, è oggi invece il museo a cielo aperto della sconfitta del pubblico nel gestire il decoro urbano. Se la si discende da Porta Pinciana verso piazza Barberini, si noterà sui marciapiedi di entrambi i lati l’alternarsi di tratti di aiuole curate, verdi e in buono stato, e di tratti invece che si presentano come grovigli di sterpaglie, rami caduti e rifiuti gettati sul terriccio. Nel primo tratto di marciapiede le aiuole sono in buono stato, e i commercianti e gli albergatori ci raccontano che sono per lo più gli hotel di lusso, di propria iniziativa, a prendersene cura. Mentre il tratto sulla sinistra che è occupato da negozi di vestiti, gioielli e bar ha una storia diversa: ci racconta un gioielliere che per anni la “strada più famosa di Roma” è stata oggetto del disinteresse del Servizio Giardini, struttura del Comune di Roma che si dovrebbe occupare di tutti i parchi, le aiuole e i prati, nella città con più aree verdi d’Europa. Contava 1.800 dipendenti nel 1980 ed era uno dei servizi più efficienti della Capitale, mentre oggi ne ha solo 540, di cui solo 250 operativi, che non riescono più ad occuparsi di tutte le aree verdi di Roma. E il risultato di questa drastica riduzione del personale è davanti agli occhi di tutti.
Il comitato dei commercianti di via Veneto, dopo insistenti e prolungate pressioni sul Comune ha ottenuto che il Servizio Giardini si prendesse cura delle aiuole e della strada. Questo non ha certo risolto i problemi dei negozianti, che lamentano gravi difficoltà a causa dei due ricorrenti fattori che penalizzano ogni attività del centro della Capitale: i cassonetti ricolmi di rifiuti e la stazione della metropolitana Barberini chiusa. Scendendo ancora, la maggior parte delle aiuole che vi sembreranno degne di una via importante in una capitale europea hanno un cartello che recita: “questa aiuola è stata adottata dall’hotel…” e che fa riferimento ad un piano che il Comune di Roma approvò nel 2014, quando il sindaco era Ignazio Marino, che propose alle attività commerciali di prendersi cura a proprie spese delle aiuole su cui si affacciano, con la possibilità di esporre su di esse il cartello sopra citato a scopo pubblicitario. Un accordo tra privati e comune che funziona e a cui quasi tutti i grandi alberghi hanno aderito, ritenendo certamente dannosa la presenza di aiuole trascurate di fronte all’entrata degli hotel. I responsabili di queste attività si affidano tutti all’impresa privata di giardinaggio che cura i loro cortili interni, i fiori ai balconi delle suites e le piante all’entrata, con un costo bassissimo e un ritorno economico dovuto alla presentabilità dell’ingresso.
Ma basta superare il tratto di marciapiede su cui affacciano gli hotel che si nota un radicale cambiamento nella cura dell’aspetto della “strada più famosa di Roma”: cominciano, su entrambi i lati alla stessa altezza, a materializzarsi dei lunghi cadaveri di aiuole, lingue di terra da cui emergono scheletri di arbusti, decorate ogni tanto da vasi dai fiori rosa rinsecchiti. E’ il tratto su cui affacciano il Ministero del Lavoro sul lato destro, e quello dello Sviluppo economico sul sinistro. Su quest’ultimo, scendendo quasi completamente su piazza Barberini, prosegue identico lo stesso triste spettacolo di incuria, di fronte al palazzo che è sede dell’Istituto Nazionale Assicurazioni. Tutte istituzioni pubbliche che evidentemente non hanno alcun interesse a curarsi dell’aspetto che ha via Veneto. Mentre dal lato opposto del palazzo delle Assicurazini le aiuole, da strette e lunghe, si allargano per ospitare i gazebo dentro i quali i ristoranti della via dispongono alcuni dei coperti. Salta all’occhio una particolarità evidente: le aiuole sono coperte da una discutibile erba sintetica da cui spuntano ogni tanto degli alberi.
Uno dei ristoratori ci spiega che il Servizio Giardini per anni aveva lasciato l’aiuola a se’ stessa e perciò, per non dare una cattiva immagine al locale, si era preso la briga egli stesso di coprirla con la soluzione più economica, anche se la meno elegante. Certo, tenere dieci metri quadri di aiuola non potrà costare più di tanto, ma se piano piano tutti i ristoranti verso la fine di via Veneto hanno iniziato, sul suo esempio, a coprire quelle aiuole larghe con erba sintetica, tanto che ora sono cinque attività ad averla adoperata, un motivo c’è: alcuni di loro sarebbero anche tentati di prendersi cura del verde, dato l’evidente danno di immagine, se non fosse che, da quanto ci dicono, Acea non eroga l’acqua per l’irrigazione delle aiuole e quindi l’erba e i fiori finirebbero per rinsecchire in poco tempo.
Lungo tutta la via, sono tanti gli esempi di cura spontanea da parte dei privati che, a proprie spese, sono costretti a prendersi cura dell’area e a fare le veci dell’amministrazione o ad essere costretti ad un lungo braccio di ferro con il Comune di Roma, che è ormai incapace di gestire il bene pubblico della città. E questa è la situazione di chi ha un’attività sulla “strada più famosa di Roma”, la via della Dolce Vita, di Fellini, Clint Eastwood e Marlon Brando.