Il Pd di Roma verso il congresso straordinario (l'anno prossimo)
Il segretario Andrea Casu riappare e dice che resta nel partito: "Abbiamo fatto opposizione a Raggi, continuiamo"
Roma. Prima la conferenza programmatica, a gennaio, poi un “congresso straordinario”, annunciato ieri. Il Pd romano prova a cambiare pelle “ma alla fine, vedrete, ci sarà il congresso nazionale e quello romano sarà accorpato”, diceva al Foglio un alto dirigente del partito, uscendo dalla sede al Largo del Nazareno, poco prima che iniziasse la direzione romana, durante la quale il segretario Andrea Casu ha annunciato la nuova segreteria e l’avvio di una nuova fase congressuale, in anticipo sulla scadenza naturale.
Un modo anche per preparare al meglio, spiegano dal Pd, le prossime amministrative il cui esito è tutt’altro che scontato. Non per una possibile nuova vittoria del M5s – la gestione di Virginia Raggi è stata disastrosa – ma per l’avanzata dei sovranisti, che puntano con decisione sulla Capitale (da Matteo Salvini a Giorgia Meloni). Casu ha dunque annunciato una segreteria unitaria, senza dimettersi, come alcuni esponenti del Pd romano avevano chiesto, a partire da Livio Ricciardelli, consigliere del I Municipio e membro della direzione capitolina, e dato il via al percorso che porterà al “congresso straordinario”: “Abbiamo sempre tenuto una linea dura di opposizione a Raggi, senza mai nessun cedimento. Una linea che non dobbiamo cambiare”, ha detto Casu, rispondendo a chi descrive il Pd come un partito non molto in forma nella Capitale, specie dopo la nascita del governo giallorosé. Ha anche detto che resterà nel partito. “Io non rinnego le battaglie combattute al fianco di Matteo Renzi ma non ho condiviso le ragioni della sua scissione”, ha detto Casu che dunque non passerà a Italia Viva, al contrario di alcuni suoi strettissimi compagni di viaggio, come il suo mentore, il deputato Luciano Nobili. “Sono a servizio di questo percorso come segretario”, ha aggiunto annunciando la nuova squadra. In segreteria entrano dunque Riccardo Corbucci, Claudia Daconto, Titti Di Salvo, Carla Fermariello, Paolo Emilio Marchionne e Alessandro Rosi.
La direzione di ieri è arrivata dopo l’assemblea di lunedì scorso, che ha eletto il nuovo tesoriere, Claudio Mancini. Un compito ingrato per il deputato suggerito dal tesoriere nazionale Luigi Zanda, che dovrà gestire il grosso debito del partito (a partire dalla cartella esattoriale di un milione e duecentomila euro ricevuta dalla agenzia delle entrate) in un clima tutt’altro che sereno. La sua nomina, infatti, è stata accompagnata da polemiche interne, poi rientrate. Resta da capire, ora, la suggestione sull’“accorpamento” fra congresso romano e quello nazionale. Nel fine settimana, quando a Bologna Nicola Zingaretti darà il via alla convention organizzata da Gianni Cuperlo, sarà tutto più chiaro. Ormai tutti parlano apertamente di un nuovo congresso post scissione. D’altronde, il contesto politico è molto cambiato rispetto a quando il governatore del Lazio è stato eletto leader del Partito democratico. Matteo Renzi se n’è andato, ora c’è un governo con i Cinque stelle.
La questione casomai è come farlo: a tesi, come dice il vicesegretario Andrea Orlando, o con primarie come vuole Base Riformista, la componente di Lorenzo Guerini e Luca Lotti? Tempistica e modalità dipenderanno anche dal risultato delle elezioni regionali in Emilia Romagna del 26 gennaio. In caso di sconfitta, le dimissioni di Zingaretti sono probabili ma il congresso verosimilmente si terrebbe dopo la tornata elettorale di primavera (molte regioni andranno al voto, tra cui Toscana e Puglia) e dunque in autunno. Prima non avrebbe molto senso infilarsi in una nuova assiste congressuale senza avere ancora finito di contare i cocci.