Raggi ha ragione sulle bancarelle, ma sta facendo degli errori
Piccola inchiesta tra i famosi “urtisti” della comunità ebraica. Le offerte del sindaco, la fretta e le richieste talvolta esose
Roma. È un artificio retorico ricorrente, per chi governa o vuole governare la città di Roma, quello di voler “liberare i luoghi storici” della Capitale dalle bancarelle. Oggi questa sempiterna promessa è scandita dal sindaco Virginia Raggi, che sui social annuncia trionfalmente di aver restituito Fontana di Trevi all’antico splendore, facendo spostare chi ne ostruiva la vista. Ma è così? Ovviamente no. L’operazione – pur tentata e bisogna darne atto – è appena all’inizio. E già ha scatenato proteste da parte degli urtisti, i famosi venditori di souvenirs a tema religioso e storicamente appartenenti alla comunità ebraica. Nemmeno sono mancate, figurarsi, le polemiche politiche, soprattutto da parte di Italia Viva e di Salvini. Il leader della Lega ha in particolare accusato la Raggi di prendersela con gli urtisti disinteressandosi dei “venditori abusivi e clandestini che spacciano merce contraffatta”.
Nel tentativo di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, la Raggi ha promesso, come stabilisce la Regione Lazio, che chi si vedrà revocare la licenza da urtista otterrà un indennizzo oppure una licenza da tassista, una cosa per la quale normalmente si arrivano a pagare cifre anche superiori ai centomila euro. Proposta che a chiunque sembrerebbe allettante, ma che invece le famiglie ebraiche non vedono di buon occhio. Uno dei rappresentanti degli urtisti, Fabio Gigli, per esempio, ci ha spiegato che “di queste licenze si è solamente parlato, senza che arrivasse una proposta scritta o concreta. Tra pratiche burocratiche e attese, una licenza per il taxi diventa operativa dopo mesi, in cui l’inattività rischia di mandare sul lastrico intere famiglie”. Chissà, ma tant’è. Ragione per cui gli urtisti adesso chiedono delle postazioni alternative provvisorie in attesa che l’offerta (in effetti allettante) diventi più concreta. Sarebbero disposti a spostarsi nei vicoli limitrofi alle piazze storiche interessate dal provvedimento di interdizione del comune, come via delle Muratte o via del Lavatore, entrambe strade che portano a Fontana di Trevi. Ma, ci dicono, “il Campidoglio ha ignorato queste nostre proposte, come anche quelle che avevamo fatto di ammodernare le nostre bancarelle, trasformandole a spese nostre in punti di informazione per turisti, dove avremmo venduto i biglietti dei musei e distribuito gratis mappe della città e dei monumenti”.
D’altra parte, a quanto pare, le postazioni alternative esistono e il sindaco le ha elencate in una delibera dove si legge: “Via di San Gregorio, n° postazioni 36; Piazza Madonna di Loreto, 1; Via Vittorino da Feltre, 3; Piazza Bocca della verità, 2; Via Carlo Alberto, 1”. Via di San Gregorio, il vialone che collega il Circo Massimo con il Colosseo, in particolare, è considerata inaccettabile dagli urtisti, che hanno un business da difendere legittimamente, ma che pure sono anche abituati a farsi rispettare e ad essere rispettati (fin troppo?) dalle amministrazioni. Via di San Gregorio, si diceva, di certo non è fuori dal centro né lontana dal flusso di turisti, visto che costeggia il meraviglioso Colle Palatino, dove solo nel 2017 sono entrati, secondo il sito del Mibac, oltre 7 milioni di visitatori. Il problema, per gli urtisti, dipende dal lato della strada e dal numero di bancarelle previste. “Quando Marino ci fece uscire dalla ‘zona rossa’ del centro storico, entro cui non erano più ammesse bancarelle, mostrò una diversa sensibilità e promise soluzioni che non portò a termine, perché il suo mandato si interruppe dopo soli due anni. Ma noi lo ringraziammo in una lettera pubblica perché, dopo le nostre proteste, dimostrò di comprendere la differenza tra gli ambulanti e gli urtisti. Ci sistemò anche lui a via di San Gregorio ma con una grande differenza: la sua era una soluzione provvisoria, in attesa di trovare il modo di farci rientrare nel centro storico. Mentre quella della Raggi è definitiva. Ma soprattutto, quattro anni fa i pullman turistici stazionavano proprio su via di San Gregorio, dal lato opposto al colle, mentre oggi sono costretti a fermarsi fuori dal centro storico, lasciando quel lato della strada deserto. Il sindaco vorrebbe non solo che ci posizionassimo dove non passa nessun turista, ma che in quel tratto di strada convivano 36 bancarelle. Questo vuol dire che alla fine della giornata l’incasso totale va diviso tra 36 persone. Ma i turisti, gli incassi e il tipo di souvenirs sono sempre gli stessi”.
Chiediamo a Gigli se potrebbe essere una soluzione far spostare le loro bancarelle nel punto in cui oggi i pullman, fuori dal centro storico, si fermano e fanno scendere i turisti. Ci risponde di sì, che questa sarebbe una proposta già più sensata. Ma la questione delle bancarelle non interessa solo gli urtisti. Nel sopralluogo dell’11 gennaio che la Raggi ha fatto a piazza di Trevi, a chi le ha chiesto conto delle bancarelle ancora presenti nell’area, ha risposto che “se non si attiverà il municipio, dovremo attivare le procedure per commissariare”. Affermazioni che hanno molto sorpreso la presidente e l’assessore al commercio del Municipio I, Veronica Alfonsi (Pd) e Tatiana Campioni. Secondo la Alfonsi: “Queste sono affermazioni imprecise ed errate. Il tavolo del Decoro sta lavorando solo sugli ambiti 1 e 2 del centro storico, che sono disegnati in maniera abbastanza folle, prendendo in considerazione solo le piazze e non le vie limitrofe. Noi siamo in pieno spirito di collaborazione con il Campidoglio, ma gli ambiti sono 7, e si è proceduto a spostare le bancarelle solo i primi due”. In ogni caso, le proteste e gli incidenti di percorso sono quasi tutti dovuti a un particolare elemento: il tempo. Ci spiega Tatiana Compagni: “La questione degli urtisti è stata gestita con particolare urgenza per un motivo. Il Tar a settembre ha stabilito che il Comune avrebbe dovuto trovare un ricollocamento per gli urtisti entro Capodanno e la Raggi ha aspettato fino all’ultimo per trovare una soluzione”.
Anche secondo Gigli, il rappresentante degli urtisti, la confusione è dettata dalla fretta di risolvere questa faccenda, abbastanza complicata, all’ultimo momento. In conclusione, Veronica Alfonsi ci spiega che “esistono due tipi di bancarelle: quelle fisse, poco numerose e di competenza municipale, e quelle invece a rotazione, di cui fanno parte gli urtisti, di competenza del Comune. La vera soluzione sarebbe una seria adozione della tanto criticata direttiva Europea Bolkestein, che ci si rifiuta di rispettare. Si riuscirebbe così a liberalizzare un mercato che è bloccato. Noi saremmo già pronti ad andare a bando, rimettendo a gara tutte le postazioni di Roma e tornando a dar loro anche un certo equilibrio. E ne servirebbe, di equilibrio. Per esempio alcune licenze, per forza, devono essere revocate per morosità o irregolarità e, in proporzione agli spazi disponibili, le licenze per urtisti sono davvero troppe. Molte di queste andrebbero convertite in licenze taxi, perchè oggi il lavoro di ambulante non risponde più alla domanda come un tempo”.