Il sì e il no della Lega al termovalorizzatore
Salvini preme, per non fare come "i due incapaci" Raggi e Zingaretti. I sindaci leghisti cauti: non nel mio nome
Roma. “Serve un termovalorizzatore in ogni provincia”. Nessun tabù, al bando le ideologie, per Matteo Salvini e la Lega sui rifiuti conta l’approccio pragmatico. O meglio, contava. “Differenziare e valorizzare” era il mantra che il leader del Carroccio ripeteva ossessivamente in tutte le sue incursioni romane degli ultimi mesi tra degrado e monnezza. Anche perché, diceva, non chiudere il ciclo dei rifiuti, non costruire nuovi termovalorizzatori, significa fare come “i due incapaci”, e cioè la sindaca di Roma Virginia Raggi e il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti, colpevoli del caos rifiuti nella Capitale. Non sia mai. Spiegava invece Salvini con insolito buon senso: “Gli ultimi impianti sono a emissioni assolutamente zero, a Copenaghen come a Vienna, non si capisce perché si facciano ovunque e non nel Lazio”. “Io – ammiccava sottolineando un non verificato dettaglio biografico – ne ho uno a due chilometri da casa mia a Milano”.
Eppure, al di là delle dichiarazioni del Capitano, nella Lega del Lazio la posizione è, per usare un eufemismo, assai più sfumata. Il sindaco leghista di Tarquinia Alessandro Giulivi è a capo della battaglia contro il termovalorizzatore che la società milanese A2a vorrebbe costruire nella città marittima in provincia di Viterbo. “Non gli permetteremo mai di fare quell’impianto”, dice al Foglio proprio Giulivi. E a pensarla come lui c’è un altro sindaco leghista della zona, Ernesto Tedesco, primo cittadino di Civitavecchia, a novembre leader della battaglia contro l’invio di rifiuti romani nella discarica della città portuale. A quella protesta partecipò anche Salvini promettendo persino di sedersi in mezzo alla strada “per non far entrare i camion da Roma”. In quel caso il leader della Lega evitò accuratamente di parlare dell’amata “via pragmatica” dell’inceneritore di quartiere, ma comunque non mancarono le contestazioni.
Anche Claudio Durigon uomo forte del Carroccio nel Lazio, contattato sulla questione, non nasconde un certo imbarazzo: “Non siamo contrari agli inceneritori – premette – semplicemente non pensiamo che vadano fatti in quella zona che ha già subito tanti disagi”. E sembra quasi di sentire Virginia Raggi “A Roma la discarica non si può fare perché la città ha già dato con 40 anni di Malagrotta”. “No, assolutamente no, non c’entra niente”, replica senza troppe spiegazioni Durigon, anche se ammette: “E’ vero che l’inceneritore non inquina, ma sarebbe comunque un’ennesima servitù industriale su un’area dove già ci sono un porto e una centrale elettrica a carbone”. Ma quindi, ci viene il dubbio, la Lega non è poi così a favore degli inceneritori come diceva Salvini. “Ma certo – chiarisce subito Durigon – noi pensiamo che i termovalorizzatori vadano fatti perché il Lazio è indietro rispetto alle altre regioni e deve chiudere il ciclo dei rifiuti. Poi – spiega – con l’aumento della differenziata potremmo spegnerli come stanno già iniziando a fare in Lombardia ed Emilia-Romagna”. “Anche Giulivi – garantisce – la pensa così ”. Ma interrogato sul punto il sindaco di Tarquinia smentisce clamorosamente il dirigente del Carroccio: “Io sono contrario ai termovalorizzatori, li chiamo termocombustori perché non valorizzano proprio un bel niente. Inquinano e basta”, ci dice senza tentennamenti.
Insomma, quando dalla propaganda via social si passa alla realtà, anche per la Lega di Salvini le cose si fanno molto più complicate e vischiose. Su questi temi non c’è da stupirsi dei repentini e opportunistici cambi d’opinione dettati dalla necessità di sedurre con la comunicazione i volubili desideri degli elettori. Nel 2016, ad esempio, Salvini la pensava esattamente come il sindaco di Tarquinia. Durante la campagna elettorale leghista in Umbria il leader del Carroccio aveva fatto preparare un manifesto che recitava “Renzi vuole l’inceneritore? “Diciamogli no. Ambiente e salute, non mandiamoli in fumo”.