"Calenda è in campo, ma bisogna fare le primarie" dice Smeriglio
I nomi del centrosinistra per il Campidoglio e lo schema di una coalizione con i grillini. Intervista all'europarlamentare del Pd
Roma. Questa è spesso una città di sussurri e di voci che si rincorrono, che a volte restano tali, ma più spesso diventano realtà. Una di queste, che nell’ultimo paio di mesi è diventato un vero tam tam cittadino, racconta che, a poco più di un anno al voto per il Campidoglio, Carlo Calenda avrebbe una gran voglia di candidarsi, a patto però di avere intorno una coalizione di centrosinistra larga e unita intorno al suo nome. Le voci dicono anche che tra i più attivi nel sostenere la candidatura dell’ex ministro dello Sviluppo Economico ci sarebbe Massimiliano Smeriglio, oggi europarlamentare del Pd ma fino a maggio scorso vicepresidente di Nicola Zingaretti in Regione Lazio. Leader cui naturalmente Smeriglio è ancora legato, quindi un appoggio di quest’ultimo a Calenda viene letto come un endorsement dello stesso segretario.
Smeriglio, che viene da una storia di sinistra più radicale (è stato tra i fondatori di Sel), sarà per Calenda quello che Goffredo Bettini è stato per Walter Veltroni? “Non scherziamo, innanzitutto per il grande rispetto che ho per Bettini, che ha dato moltissimo alla città di Roma, più di quanto abbia ricevuto. In secondo luogo, Calenda non ha certo bisogno di me. Terzo, considero Calenda una persona valida e sarei felice se volesse mettere le sue competenze e la sua passione politica al servizio della città, ma al contempo io, a differenza di Carlo, ritengo che a Roma debbano tenersi le primarie, con in lizza nomi anche alternativi e irregolari, come il mio amico Amedeo Ciaccheri o Sabrina Alfonsi”, spiega Smeriglio. Non troppe candidature, sottolinea l’europarlamentare, al massimo 4 o 5, altrimenti diventa “la ruota della fortuna”. Ma “se personalità come Roberto Morassut, Walter Tocci o addirittura Enrico Letta avranno voglia di mettersi in gioco, è giusto che lo facciano e siano poi gli elettori a decidere”.
Secondo Smeriglio, però, non si deve partire dai nomi. “La vittoria a Roma non è scontata. La destra è forte ed è più avanti. Noi dobbiamo recuperare terreno e non possiamo sbagliare nulla. Se vogliamo avere delle possibilità, dobbiamo lavorare a un campo largo, progressista, denso di contenuti programmatici e valoriali dove, accanto alle forze politiche tradizionali, possano esprimersi i movimenti civici e lo spontaneismo, come abbiamo visto con le Sardine in Emilia Romagna. Il nostro compito è quello di replicare, al meglio, il lavoro fatto per la candidatura di Zingaretti in Regione”. Tutto molto bello, direbbe Bruno Pizzul, ma poi alla fine sempre sui nomi si va a parare. “I mesi prima dell’estate saranno decisivi per verificare lo stato di salute della coalizione e individuare i candidati per le primarie che, a mio avviso, non sono un mero strumento di selezione di leadership, ma servono a costruire un percorso e a stabilire un patto di solidarietà tra cittadini e candidati. Il prossimo sindaco di Roma dovrà avere due caratteristiche: essere un visionario, nel senso che dovrà avere una visione su quello che dovrà essere la Capitale tra 20 o 30 anni, ma pure un manutentore, nel senso dell’ordinaria manutenzione della città. Bisogna ripartire dall’abc: trasporti, rifiuti, pulizia, strade, decoro urbano, tutela del patrimonio”. E, secondo Smeriglio, non ha senso mettere in campo solo “big” di portata nazionale. “A tal proposito voglio ricordare le vittorie di Massimo Zedda a Cagliari o Marco Doria a Genova, due outsider. E lo stesso Francesco Rutelli, quando è diventato sindaco di Roma nel 1993 a soli 38 anni, non aveva un appeal da leader nazionale”, sottolinea Smeriglio. Altro punto di distanza sono i rifiuti, perché se Calenda punta a un nuovo “termovalorizzatore”, Smeriglio parla di “economia circolare”. Ma sono dettagli. “La sinistra a Roma negli ultimi anni ne ha sbagliate tante, dal caso Marino in poi, ma ne abbiamo anche azzeccate, con la vittoria di Zingaretti e, nei municipi, di Ciaccheri e Giovanni Caudo”.
Calenda e Smeriglio sono stati protagonisti di un incontro pubblico, sabato scorso, organizzato dall’agenzia Dire, stracolmo di persone ed entusiasmo. Ma come farà il candidato dei quartieri alti e della buona borghesia romana a prendere voti in periferia? “È proprio da lì che dobbiamo partire, con un bagno di ascolto verso le parti più disagiate della città. Io sono della Garbatella, non dei Parioli, e conosco da sempre le problematiche delle zone più difficili della Capitale, l’estrema periferia, quella che va oltre il raccordo. Se la sinistra lì non ha voce, allora vuol dire che stiamo sbagliando qualcosa”.
Poi ci sono i 5 Stelle. Che, se alle prossime comunali sulla carta avranno poche chance, non sono scomparsi: in un possibile ballottaggio potrebbero risultare decisivi. “In Regione io sono stato uno dei primi ad aprire al dialogo con i cinque stelle e ora Pd e M5S governano l’Italia insieme. Ma per il Campidoglio noi dobbiamo costruire il campo del centrosinistra senza furbizie o ambiguità. E in questo campo l’M5S non c’è”. Per concludere, Calenda si candida o no? “Dato che non ha ancora sciolto la riserva, questo dovete chiederlo a lui. Credo però che, come tutti quelli che amano visceralmente questa città, voglia dare il suo contributo per risollevarla”.