(foto LaPresse)

Basta libri sul Papa

Matteo Matzuzzi

Ogni mese escono volumi agiografici su Francesco, santini inutili. Qualcuno, però, si salva

Basta con i libri sul Papa. Basta. Ogni mese arrivano sulle scrivanie dei giornalisti che s’occupano di chiesa volumi su Francesco il Papa di … e scegliete pure voi di cosa può essere Papa il buon Francesco. Dei bambini, delle donne, della famiglia, degli ultimi, dei poveri, dei migranti. Non si sbaglia, perché ogni categoria umana è stata probabilmente toccata in questi sette anni di pontificato. Un profluvio di saggi – solitamente pseudomistici – in cui il Pontefice pare assumere sovente sembianze degne d’un semidio o – per essere profani – quelle d’un dolcissimo bignè ripieno di crema. Cui bono? Qual è il senso di tutto ciò? Quanto vendono questi libelli fatti – salvo rarissime eccezioni – per esaltare l’ego di chi li scrive e marcare un po' il territorio vaticano e paravaticano?

 

Va fatta una distinzione necessaria: non tutto quanto viene pubblicato sul Papa è da buttare. Ci sono libri che hanno un senso, scritti da chi le cose le conosce e – soprattutto – conosce bene Francesco. Sono i libri che val la pena leggere, perché scorrendo le pagine ci si trova davvero qualcosa di utile e propedeutico alla riflessione. Sono – senza fare nomi – quelli scritti da professionisti seri del settore, che hanno macinato chilometri tra San Pietro, le ville miseria di Buenos Aires, gli episcopati, magari trovando documenti inediti o raccontando in prima persone esperienze dirette utili a qualcosa. Ma i santini, no. Non se ne può più. E non vale solo per Jorge Mario Bergoglio, sia chiaro. La stessa cosa si potrebbe dire per ogni Pontefice degli ultimi cinquant’anni. Il troppo, a volte, è davvero troppo.

Di più su questi argomenti:
  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.