(foto LaPresse)

"La salute prima di tutto, ma attenti alla desertificazione industriale"

Gianluca Roselli

Parla il presidente degli industriali del Lazio, Tortoriello. Perso un miliardo di pil in una settimana

Roma. “Per quanto mi riguarda la salute dei cittadini viene prima di tutto. Dalla stretta si potrà recedere solo quando il governo lo deciderà, secondo quel che dicono i medici e l’istituto superiore di sanità. Detto questo, nelle prime settimane di lockdown il Lazio ha perso 1 miliardo di p   il. Europa e governo devono mettere in campo tutte le misure necessarie per permettere di reggere questa situazione”. A parlare è Filippo Tortoriello, presidente di Unindustria, l’unione che raggruppa le imprese industriali della provincia di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo. Laureato in ingegneria civile, è presidente e amministratore delegato di Gala Spa, società leader nel settore dell’energia elettrica e del gas. Tutti i suoi dipendenti – fa sapere – sono in smart working.

 

Negli ultimi giorni si è battuto affinché i sindacati revocassero lo sciopero generale, come poi è accaduto. “In questa situazione di estrema emergenza dev’essere chiaro che tutte le categorie, anche quelle di solito contrapposte, devono remare nella stessa direzione. In questo momento non c’è chi guadagna e chi perde. Ci perdiamo tutti: lavoratori, imprese, sistema paese. E tutti trarremo vantaggio dalla fine dell’emergenza, che prima arriva e meglio è, ma sempre sulla base dell’interesse primario, che è la salute delle persone. Per questo il fantomatico braccio di ferro tra Confindustria e governo sull’elenco delle aziende da chiudere dal mio punto di vista non esiste. Ciò che si è deciso va nella giusta direzione”, afferma Tortoriello.

 

Il quale, però, non perde d’occhio i possibili rischi per l’economia. “Ci sono aziende e intere filiere, soprattutto quelle che operano in ambito internazionale, che, se chiudono, al 90 per cento non riaprono più, perché nel frattempo magari sono state sostituite da qualcun altro. Nel Lazio abbiamo un vasto comparto farmaceutico e agroalimentare e, in questo caso, siamo più fortunati rispetto ad altre regioni, perché sono due filiere ancora attive. Ma l’economia regionale è fatta anche di trasformazione, manutenzione degli impianti, trasformazione, information technology, aerospazio. Tutti questi settori sono a rischio”, continua il presidente di Unindustria.

 

I più colpiti, con effetto immediato, sono il turismo, la ristorazione, i negozi. “E’ come essere in una situazione post bellica. Molti nostri associati che hanno chiuso il 2019 con 10 milioni di fatturato, se va bene chiuderanno il 2020 con 3-3,5 milioni. Per questo motivo il governo, come ha annunciato, dovrà mettere sul tavolo ben più dei 25 miliardi pianificati con il provvedimento di marzo. Serve liquidità, ma anche spostare di un anno gli oneri impositivi e fiscali”. Poi c’è l’Europa. “Da Bruxelles occorre un approccio completamente diverso. La deroga al patto di stabilità è un aiuto importante, ma non può essere la soluzione, perché si sa che l’Italia, col debito pubblico che abbiamo, più di tanto non potrà sforare, altrimenti rischiamo il decollo dello spread. E’ proprio il patto di stabilità che andrebbe rivisto, perché è nato in un altro periodo storico, con altre esigenze e necessità. Il patto non può essere un dato inamovibile, perché, se così fosse, l’Europa sarebbe solo un cappio al collo per gli Stati membri e non altro”, aggiunge il presidente degli industriali del Lazio. Poi c’è il problema della crescita. “Negli ultimi 20 anni l’Italia è cresciuta del 3,5 per cento contro una media europea del 27. Ci siamo salvati con l’export, anch’esso ora bloccato. Anche per questo una deroga al patto di stabilità non può bastare”.

 

Nella regione, che produce il 10-11 per cento del pil nazionale, circa il 70 per cento delle imprese sono ferme. “Il sistema di cassa integrazione messo a punto da governo è positivo, ma mi chiedo: quanto potrà durare?”, si chiede il presidente degli industriali. Nel frattempo anche la Regione si muove, con un “piano pronto cassa” di 400 milioni di aiuti, grazie all’utilizzo di fondi regionali ed europei. Ma torniamo alla sicurezza. “Nelle aziende laziali rimaste aperte è una priorità, tutti i lavoratori devono essere messi in grado di operare nel rispetto delle norme e delle distanze di sicurezza. Ove questo non accadesse, siamo pronti a intervenire”, conclude il presidente degli industriali della regione.

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