La sceriffa Virginia Raggi
Le parole sono importanti, e i dati anche. L’accanimento della sindaca sui trascurabili “furbetti da pizzicare”
Il runner da individuare grazie al drone, i furbetti da “pizzicare” sulle vie di Pasqua: le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti in “Palombella rossa”, e nel lessico del sindaco Virginia Raggi sta una sostanza fatta di fissazione dall'aria un po' sceriffa, peraltro non supportata dai dati: durante lo scorso weekend, ha detto Raggi stessa, su 30 mila controlli effettuati dalla Polizia locale, i sanzionati sono stati 240. E il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, su scala nazionale, ha confermato, visti i dati dei giorni che vanno da venerdì 10 aprile a lunedì 13 (un milione di controlli, circa il 5 per cento dei sanzionati), solo che ha confermato con parole di tono opposto: “I cittadini hanno offerto una grande prova di maturità e di responsabilità”, ha detto Lamorgese, “dimostrando di avere piena consapevolezza della necessità di modificare gli stili di vita in un passaggio ancora cruciale per il superamento dell'emergenza coronavirus. Occorre ora proseguire su questa strada per non vanificare tutti gli sforzi compiuti fino a oggi”.
Per non dire dell'omologo milanese di Raggi, sindaco Beppe Sala, che ha preso direttamente le difese dei cittadini, investiti sui social da commenti colpevolizzanti di incredibile virulenza: “Mi dissocio da questa retorica del milanese indisciplinato che si fa gli affari suoi. Non è così. Più del 95 per cento delle persone fermate sono in regola”. Non solo: Apple ha pubblicato i dati aggregati sulla diminuzione della mobilità per l'emergenza Covid-19, dati che di nuovo parlano di italiani rispettosi dei provvedimenti.
E a Roma, presunta città di furbetti disobbedienti da “pizzicare”, termine paternalista-punitivo, chiunque abbia occhi può testimoniare empiricamente un fatto incontrovertibile: le piazze sono deserte, le strade sono deserte, la gente a casa ci sta. Punto. Ci sono anche le eccezioni, ma talmente infinitesimali rispetto al dato che dovrebbe fare notizia – chi sta a casa è la stragrande maggioranza, chi si muove, in stragrande maggioranza, è giustificato da ragioni di lavoro – da rendere curioso l'accanimento, con sbandierata ricerca dei trasgressori e coro greco dei censori da balcone, quelli che si affacciano per apostrofare il vicino con un “che cosa ci fa lei fuori?”. Se non si vuole che il puntiglio nell'urlare “state a casa”, quando poi in strada non c'è nessuno, cominci ad assomigliare a una lotta contro i mulini a vento fuori luogo e fuori tempo, forse si potrebbe distogliere un attimo lo sguardo dal cittadino in reclusione, e pensare che il sindaco avrebbe molto altro a cui pensare, a Roma, anche in vista della cosiddetta “fase 2”: problemi per cui serve uno sforzo di fantasia, oltre che di lessico. Problemi che si chiamano spazzatura, buche, trasporti, cura del verde (e non è tutto).