C'è da ridere: tutti in bicicletta e monopattino, dice la Raggi
Il piano, al momento, è di far salire 20 persone per volta sui bus, e 350 in un treno della metro. Per decongestionare i mezzi pubblici la sindaca ha esortato alla mobilità dolce
Roma. Ah, quanto Roma vorrebbe essere Stoccolma! Piccola (186 km contro 1.287), tutta in piano, con una densità di abitanti rarefatta (960 mila contro 2 milioni e 800 mila). Allora sì che si potrebbe affrontare la fase 2 col cuore più leggero. E invece la Capitale si prepara a quella che potrebbe essere la sua più grande riorganizzazione dagli anni Sessanta con dei macigni sui piedi. A partire dal capitolo più difficile, quello della mobilità. Perché il rischio, con il contingentamento dei passeggeri su bus e metro, sarà quello di ritrovarci tutti in automobile, incolonnati per ore ma felici di sfuggire al contagio. Pensare a bus dove salgono 20 persone per volta sembra un’utopia nella città dove il sistema del trasporto pubblico è uno dei più farraginosi d’Europa. Dove può capitare di attendere un bus per mezz’ora e poi nemmeno poterci salire perché la gente casca di fuori come quello che vuole prendere al volo il ragionier Fantozzi. E dove, quando si riesce a salire, per lunghi tratti ci si districa tra i corpi altrui, con gomiti che pungono il costato e pericolosi sbandamenti collettivi. E invece in due settimane si tenterà di far assomigliare Roma a Stoccolma (non diciamo Milano, perché sotto il Rubicone quel nome è diventato impronunciabile). E infatti tra Campidoglio, Regione, Atac, Prefettura, Cotral, Ferrovie, in queste ore è tutto un susseguirsi di tavoli, briefing, incontri, piani, strategie e linee guida.
I bus, dunque. Il piano, al momento, è di far salire 20 persone per volta, e 350 in un treno della metro, sfruttando il 70 per cento della capienza. Magari con un’apposita app per prenotare la seduta, ma quest’ipotesi già appare complicata, dacché i mezzi sono utilizzati assai da persone anziane magari sprovviste di smartphone. Questo vuol dire che i 1.450 autobus che mediamente sono in servizio quotidiano in città non basteranno. Così il Campidoglio in queste ore sta trattando per poter utilizzare un certo numero dei bus Cotral, la compagnia regionale. E addirittura qualche bus turistico, poiché i famigerati torpedoni ora son fermi per mancanza, appunto, di turisti. Ciò che sembra certo, a quanto detto dalla sindaca Virginia Raggi, è che sui mezzi pubblici si potrà stare solo con guanti e mascherine, però non meno delle “ffp2”, con multe salate per i trasgressori. La ridotta capacità dei mezzi di trasporto, però, deve fare per forza affidamento su un minor numero di persone che si spostano e che, quando lo faranno, si muovano con orari più eterogenei. Per questo motivo Comune e Regione stanno parlando con aziende e sindacati per incentivare, laddove possibile, l’uso dello smart working anche dopo. Insomma, chi può, sarà meglio che continui a lavorare da casa. Lo farà, per esempio, il 30 per cento dei dipendenti di Roma Capitale (ora è in smart working il 70 per cento degli 11 mila amministrativi), fanno sapere dal Campidoglio, dove si sta studiando un’organizzazione del lavoro in due fasce e la possibilità di lavorare anche il sabato. “Dobbiamo spalmare il numero di persone che si muove in città su orari diversi, perché non ci potranno più essere ore di punta, con affollamento di banchine e mezzi”, confermano dal Comune. La stessa logica con cui dovranno rapportarsi i 48 mila negozi, con orari diversi di modo che le persone si frazionino durante l’arco della giornata. Si stanno studiando anche aperture serali, anche se qui entrano in ballo i sindacati e non sarà facile.
Per decongestionare i mezzi pubblici, poi, Raggi nei giorni scorsi ha esortato alla mobilità dolce, ovvero biciclette e monopattini. Annunciando lo studio di nuove piste ciclabili in città, ma pure ciclovie ai lati di strade e consolari, riducendo lo spazio per le auto. Possibile? Qualcuno si è spinto pure a riparlare del Grab, un raccordo anulare ciclabile di 44 km. Perché, appunto, il rischio “è di tornare a un uso massivo dell’auto, andando indietro di anni”, ha detto la sindaca. Il problema delle bici, a Roma, è sempre lo stesso: una città enorme spalmata su 7 colli. Negli ultimi anni 3 anni l’uso della bici in città è aumentato del 20 per cento, ma quasi esclusivamente nell’area del centro, tutta in piano. Le bici con la pedalata assistita, da questo punto di vista, aiuteranno, come si evince dal successo di Jump, l’unico bike sharing di successo in città, le cui bici almeno non sono finite nel Tevere. Il monopattino, invece, è un pianeta tutto da esplorare: è considerato pericoloso e va normato con l’obbligo di casco e di giacchetti catarifrangenti. “Sono tutte idee interessanti. A Roma, ma vale anche per le altre città, bisogna ripensare la mobilità urbana, che però dev’essere un sistema integrato con gli altri. Non si può ragionare a compartimenti stagni. La mobilità dolce è una delle strade”, spiega Giulio De Carli, fondatore di Oneworks, società di ingegneria e architettura specializzata nella progettazione di infrastrutture per spazi urbani e trasporti. “Le città hanno una grande velocità di trasformazione e cambiamento, anche nelle abitudini. Ora è diventato normale lavorare in smart working, chi poteva pensarlo solo due mesi fa?”, fa notare De Carli.
Altro problema di cui molto si discute sono i locali pubblici. Se all’interno i tavoli dovranno essere distanziati e l’accesso sarà minore e contingentato, il Campidoglio sta pensando a deroghe sull’occupazione di suolo pubblico. Ovverosia bar e ristoranti, ove possibile, da giugno potranno occupare più spazio (il 20%?) sul marciapiede. In pratica tutti potranno farne richiesta presentando però “un progetto decoroso dell’immagine della città”, che sarà sottoposto al parere vincolante della polizia locale. Insomma, si passa dalla guerra al “tavolino selvaggio” alla sua promozione. Al momento la tassa per l’occupazione di suolo pubblico è sospesa, con una perdita per le casse comunali di circa 13 milioni. Ma se la deroga passerà, se ne potranno incassare una cinquantina. Questa è la cornice. A fare la differenza sarà il senso di responsabilità dei cittadini. Ma i romani, finora, si sono ben comportati: usano le mascherine, mantengono le distanze, rispettano le regole. Sembrano svedesi. Chi l’avrebbe mai detto?