Oracolo papale
Il Papa contro la Cei? No. Vuole solo evitare che lo strappo con il governo diventi irrecuperabile
Qualche vescovo, in forma ovviamente riservata, s’è domandato cosa spinga il Papa a contraddirsi da una settimana all’altra, da un’omelia all’altra, da una telefonata all’altra. Prima dà l’ok al cardinale vicario per chiudere le chiese di Roma, il giorno dopo in diretta tv dice che le chiese devono restare aperte. Passano i giorni e fa l’intemerata contro le messe in streaming, ricordando che la messa è comunità. Sette giorni dopo, invita all’obbedienza – “obbedienza a chi?, domanda un presule del centro Italia – dopo la durissima presa di posizione della Cei che sottolineava come in Italia il governo avesse messo a repentaglio la libertà di culto. Al di là di umane incoerenze, il Papa probabilmente ha voluto semplicemente invitare alla calma un episcopato che stava esplodendo. Già le agenzie erano piene di commenti di vescovi pronti alla disobbedienza (a Cesare), accusando l’esecutivo di aver violato concordato e Costituzione. Fermi tutti, ha detto il Papa: si rischia uno strappo che nessun sarto sarebbe in grado di sistemare. Meglio continuare a negoziare, sottotraccia e senza troppi clamori. La Nota andava benissimo, perché non si poteva lasciar passare il concetto che un governo ha più a cuore più le sorti dei centri estetici che quelle dei fedeli. Detto ciò, meglio non urlare troppo: meglio il contegno. Lo stesso che dovrebbero avere quegli “esperti”, virologi infettivologi, che andando al di là del proprio campo si sono messi a discettare di messe, comunioni spirituali e riti da modificare. Unicuique suum, a ciascuno il suo. Grazie.