Pure i negozi di abbigliamento si attrezzano ma mancano linee guida
Foto, video, gazebo per strada, macchinari per sanificare maglie e pantaloni e un grande dubbio: i costi
Roma. Una grande confusione. Ma almeno si riapre. Questo è lo stato d’animo di chi lavora nell’abbigliamento in vista della ripartenza, prevista per lunedì 18 maggio. Quello della moda, con i negozi chiusi, è stata una delle categorie economicamente più colpite dall’emergenza Covid. Il settore ha tenuto un po’ con l’online, ma le perdite sono notevoli. Tutti, dunque, attendiamo la riapertura dei negozi. Che si stanno attrezzando, seppur tra mille dubbi. Il problema è che un protocollo da seguire ancora non c’è. L’unica certezza è che ci potrà stare un cliente ogni 40 mq, quindi gli ingressi saranno contingentati. Il resto è nebuloso, a cominciare dalla sanificazione. Più facile per gli ambienti: un paio di volte al giorno per pavimenti e mobilia. Ma i vestiti? Di fronte ai balbettamenti dei virologi non ci sono ancora regole sulla sanificazione dei capi. Che oltretutto saranno provati da più persone. Alcuni si stanno organizzando con soluzioni disinfettanti mischiate ad acqua da vaporizzare sui vestiti. Ma a volte i capi sono delicati e rovinarli è un attimo. Poi ci sono promotori che già pubblicizzano macchinari che sanificano con l’ozono, con prezzi dai 900 euro a diverse migliaia. Ce n’è uno che sembra un frigorifero: si appendono i capi dentro con le stampelle, si lasciano lì a decantare e dopo una quindicina di minuti, puf, sono a posto. Ma sarà davvero necessario? Il problema, infatti, è che una categoria già vessata tra incassi mancati e dipendenti e affitti da pagare si veda costretta pure ad acquistare macchinari costosi e, magari, inutili.
E poi, last but not least, c’è il rischio che il piacere di fare shopping, tra file e tempi contingentati, vada a farsi benedire. “Saremo aperti con un orario più lungo e alle clienti abituali proporremo di venire per appuntamento, così da garantire una mezz’ora in tranquillità”, afferma Caterina Di Marco, titolare dei negozi di abbigliamento femminile Due Tappe, in zona Camilluccia e ai Parioli. “Noi siamo specializzati in total look, le nostre clienti sono abituate a uscire da qui con una mise completa, per una serata, per il tempo libero o per l’ufficio. Insomma, da noi si perde tempo e, almeno all’inizio, quella piacevolezza non ci sarà. Le donne poi hanno un rapporto quasi quotidiano coi loro negozi preferiti: una volte uscite dal lavoro, buttano dentro la testa 5 minuti, anche solo per fare due chiacchiere. I maschi sono diversi: comprano a blocchi, solo quando ne hanno un reale bisogno”, racconta Caterina. Che si è organizzata sfruttando i social, creando vetrine virtuali, e facendo consegne a domicilio.
“Metteremo un gazebo su strada, per avere un po’ più di spazio. E anche noi saremo molto social: foto e video, in modo che le clienti vedano prima le collezioni e vengano con un’idea già in testa, in modo da accorciare i tempi di permanenza. Con le più affezionate stiamo sperimentando le video chiamate: mostriamo gli abiti in diretta”, spiega Valentina che, insieme a Silvia, è titolare del marchio Le Bluna (il negozio si chiama Nam, in zona Salario-Trieste). Valentina è stilista. “In questi giorni abbiamo fatto un sondaggio tra le clienti. Ce ne sono di tre tipi. Quelle che non vedono l’ora di uscire e tornare a fare shopping, come una sorta di liberazione. Quelle che invece, tra smart working e socialità azzerata, dicono che comprare è inutile perché mancano le occasioni dove sfoggiare gli acquisti. E altre, invece, che magari hanno perso il lavoro o hanno meno introiti per cui lo shopping è l’ultimo dei pensieri”, spiega Valentina. Poi ci sono i privilegiati: quei clienti della Roma bene che hanno passato la quarantena nelle seconde case. “Non li rivedremo più fino a settembre, così stiamo pensando, se sarà possibile, di organizzare dei temporary shop nei luoghi di vacanza”, aggiunge. Perché tre mesi di buco si fanno sentire. E bisogna tornare a vendere. La previsione in questa prima fase, infatti, è di incassare la metà, o anche meno. Nota positiva, invece, è che anche qui è prevedibile la riscossa del piccolo sul grande, dei negozi di quartiere sui centri commerciali. Ma il concorrente vero sarà l’on line.