Viaggio a Termini del lockdown regionale

La stazione nel primo giorno in cui si viaggia tra regioni. Centosei treni con soli duecento passeggeri l’uno

Gianluca De Rosa

Roma. Nel corridoio della stazione Termini il vociare mescolato al rotolio delle ruote dei trolley che girano avvertono che qualcosa è cambiato. Eppure il rumore è tenue, il deserto non è più quello inquietante di alcuni giorni fa, ma il livello di affollamento fa pensare a una stazione di provincia, non al nodo ferroviario più importante d’Italia. I confini regionali sono stati riaperti. Il giorno è arrivato, ma il nastro di plastica che sbarra l’accesso alle scale mobili che salgono sulla terrazza vetrata dove prima del coronavirus si poteva bere un caffè o mangiare qualcosa guardando lo spettacolo dei binari che si estendono all’orizzonte, ricorda che la normalità non è ancora tornata. Sconsolati i tassisti su via Marsala confermano quest’ordine delle cose: “Ma sì, qualche corsa in più, ma ‘gnente de che… i pendolari so li stessi dell’artri giorni”. E sì perché molti dei passeggeri presenti sono pendolari: persone che anche nei giorni passati – in pieno rispetto delle regole – hanno continuato a spostarsi avanti e indietro. Non solo dal resto del Lazio. Alcuni giungono anche con i temuti treni ad alta velocità dal nord. Dall’Italo delle 13.19 “proveniente – come dice l’altoparlante – da Torino Porta nuova” scende un trafelato, ma elegantissimo un signore sulla sessantina: “Sono un dirigente d’azienda, nessuna novità ero qui anche due giorni fa”. La sensazione è che chi doveva o voleva spostarsi lo abbia già fatto. Non tutti però. I dati di Trenitalia lo confermano. Tra frecce e Intercity sono arrivati o partiti da Roma 82 treni a cui aggiungere altri 24 convogli Av di Italo, diversi pieni fino al massimo consentito, ovvero la metà del normale, che significa comunque 200 persone ciascuno. A fine giornata il bilancio degli accessi stilato da Fs parla di passeggeri sulle frecce (in tutta Italia) passati da 8mila a 22mila in un solo giorno.

 

E alla statistica si somma l’entusiasmo del giornalaio della stazione: l’afflusso in mattinata c’è stato e lo ha rincuorato. “Qui pago un affitto allucinante con il lockdown gli incassi sono calati dell’87 per cento, stamattina, invece, in un’ora ho servito lo stesso numero di clienti venuti ieri durante un turno intero”. Dall’altro lato del corridoio commerciale della stazione, il titolare di McDonald non può dirci, policy aziendale, quante persone siano venute, ma la fila per ordinare un cheeseburger sembra confermare l’ottimismo dell’edicolante.

 

Sulle banchine le televisioni raccontano in diretta la riapertura, monitorati a distanza da un cospicuo contingente dell’ufficio stampa di Ferrovie dello stato. Ingressi e uscite sono rigorosamente separate come previsto dalle linee guida del ministero dei Trasporti. Agli accessi i termoscanner e i volontari della regione Lazio con le i termometri a infrarossi misurano la temperatura. La situazione sembra sotto controllo. Anche se le polemiche non sono mancate: l’ordinanza della Regione stabilisce che non può entrare in Lazio chi ha una temperatura superiore a 37,5 gradi, ma dice anche che la temperatura va misurata solo alla partenza, non agli arrivi. Insomma, ci si vede fidare che anche nelle stazioni del resto d’Italia le disposizioni siano state rispettate alla lettera.

 

Di persone in arrivo per turismo ce ne sono poche. A spingere alla partenza, banale, ma vero, è principalmente l’amore. “Non vedo il mio fidanzato da tre mesi, vive a Napoli e così siamo rimasti separati”, racconta Valentina, 21 anni, studente di Tecnologie di produzioni alimentari. Stessa storia e stessa età, ma lato “Arrivi” di Simona. “Sono torinese lui invece vive qui, non ci vediamo da tre mesi”, dice con un gran sorriso indicando lo spilungone altrettanto sorridente a cui stringe la mano. Fabrizio Farina, 52 anni, per amore si è trasferito dalla Romagna a Girifalco, paese calabrese della provincia di Catanzaro, tanto tempo fa. Da anni fa la spola dalla Calabria a Roma due volte a settimana perché lavora a Ciampino come controllore del traffico aereo. “Da febbraio però sono rimasto bloccato qui, finalmente riscendo”. Per paradosso, nonostante la patente da pilota, per tornare usa il treno “come passeggero lo preferisco”.

  

I giovanissimi invece, forse, l’amore lo troveranno. Nicola D’Anna, 19 anni, neodiplomato all’Istituto alberghiero di Cerignola, in Puglia, si è incontrato a Termini con un coetaneo di Caserta. “Andiamo a Riccione per lavorare in albergo, poi a luglio faremo i promoter per una discoteca”. Riapriranno? “Ma certo!”, dice pieno di fiducia. Dal bagaglio si capisce la durata dello spostamento. Seduti in mezzo a una pila di valige una giovane coppia aspetta di partire per Gallipoli. “Ero venuto qui a fare un corso da personal trainer perché lei lavora in una scuola di inglese, siamo rimasti bloccati, ma finalmente ce ne andiamo, Roma non la vogliamo vedere mai più”, scherzano.

 

Curiosamente ci sono anche degli stranieri. I turisti al tempo del Covid. Un mistero che non sarà sfuggito a chi in questi giorni ha fatto un giro per il centro di Roma. Capelli bianchi, lunghi e lisci sia lei che lui, rughe vistose, occhi chiarissimi, abiti estivi e raffinati. “We are american”. E che ci fate qui?, “We’re going to Capri”. Bloccati a Roma causa coronavirus i due, ormai in pensione, hanno atteso di recarsi nella loro meta preferita. “Italy is the most beutiful place in the world”. Si riparte.

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