roma capoccia - spina di borgo
Obbedire, sempre
Le reazioni alla cacciata di Enzo Bianchi da Bose dimostrano che capire lo stile di Francesco è complicato
Dopo la durissima decisione del Papa di esiliare Enzo Bianchi da Bose, si è riproposto il vecchio e un po’ stantio schema che si tira fuori a ogni buona occasione: il Pontefice è stato raggirato, imbrogliato, circuito da una curia tentacolare. Il professor Alberto Melloni l’ha scritto su Repubblica, nel tentativo di difendere da un lato l’amico di una vita Bianchi e dall’altro di “salvare” in qualche modo Francesco. Il Papa dal quale né lui né tanti altri che la pensano come lui si sarebbero aspettati una decisione del genere. A parte che la curia cattiva che avrebbe imbrogliato il Papa è fatta oggi di tanti uomini che al Papa sono vicini (nella vicenda hanno avuto un ruolo il segretario di stato Pietro Parolin, la congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica e pochi altri), ma ragionando in questo modo si dimostra di non aver capito bene il modus operandi di Francesco. Che governa da Superiore generale, che ricorda sempre la collegialità e il cum Petro, ma che mai ha messo da parte il sub Petro. Sarebbe poi sufficiente andare a recuperare i discorsi fatti a congregazioni e movimenti ricevuti in questi anni di pontificato. Un unico filo rosso: l’invito ad andare al largo e avanti e a non diventare adoratori di ceneri o di trattare i fondatori alla stregua di divinità. Evidentemente, come del resto sottolinea il comunicato del Monastero di Bose, nell’eremo piemontese è accaduto qualcosa proprio in riferimento a questo aspetto: l’esercizio dell’autorità del fondatore, che aveva sì annunciato di ritirarsi, ma che mai ha lasciato il bastone del comando al suo successore. Altro che umiltà francescana. E questo, per il Papa regnante, è un peccato gravissimo che non ammette scuse. E che costringe chi è colpito dall’interdetto a obbedire, seppure “con sofferenza”.