Quanto sei bella Roma mezza vuota e (quasi) pulita malgrado Virginia
Disamina paradossale, ma non troppo, su una città nella quale si va nei musei senza fila e pure il traffico è un incubo lontano
Roma. “Roma in questa fase due è bellissima…”. Si potrebbe parafrasare il Nanni Moretti di “Caro Diario” per spiegare quel senso di benessere che ci pervade da qualche giorno e che ancora non si era messo a fuoco. Finito il lockdown, quando si poteva girare solo nel quartiere e ci si sentiva immancabilmente colpevoli quando l’auto dei carabinieri passava vicino, Roma è ripartita, timida e timorosa come non è mai stata, ma pure con la solita pigrizia che le confà. E tra il minor numero di persone in giro e le regole da rispettare per gli esercenti, si scopre finalmente una città vivibile. “Roma” e “vivibile” finora era sempre stato un ossimoro.
Andare al ristorante, per esempio, è una goduria. Se prima dove ci stavano 20 tavoli se ne inzeppavano 40 e si faceva fatica a sentire le parole degli altri commensali, mentre si sentivano benissimo quelle del vicino di tavolo, per poi alla fine uscire storditi come pugili suonati, adesso si può finalmente godere una cena in santa pace. Con meno tavoli pure il cibo sembra più buono. E non bisogna nemmeno più sbracciarsi come naufraghi per attirare l’attenzione dei camerieri.
In spiaggia lo stesso. Che meraviglia prendere il sole senza esser costretti ad ascoltare i drammi d’amore della vicina d’ombrellone (“no, ma ti pare che lui ha detto così..?”) o i minimi dettagli della ristrutturazione di casa del noto professionista (“quando ti fanno un preventivo, conta sempre 20 mila in più…”). Si riesce financo a leggere e, con la leggera brezza del meriggio, addirittura ci si appisola. Da quanto non capitava? E vogliamo parlare dell’inflazionatissimo rito dell’aperitivo? Niente più calca intorno al “ricco buffet”, ma si viene serviti comodamente ai tavoli con pietanze pure migliori. Pure lo shopping “contingentato” è meno peggio del previsto, addirittura con commesso dedicato.
Girare per la città, complice lo smart working, è una delizia. Gli autobus, con le nuove norme, sono tornati a essere umani. La calca stile metropolitana di Tokio sembra un lontano ricordo (“ma davvero succedeva o è stato solo un brutto sogno?”). Qualche strada è stata pure riasfaltata. Da settimane il profilo Instagram di Virginia Raggi è un susseguirsi di betoniere, operai al lavoro e nuove piste ciclabili. Peccato che poi qualche volta ci si dimentichi di pittare linee di mezzeria e strisce pedonali (Via della Balduina), ma vabbè, ci si accontenta.
Per chi c’è stato, pure i musei pare siano una meraviglia. “Raffaello, che lusso vederlo nelle sale semi vuote”, titolava ieri Rep. Si gode dell’opera d’arte senza doversi districare tra le teste altrui o fare slalom tra i turisti. “Guarda che è proprio la mancanza di turisti ad averci fatto riappropriare della città. Roma è tornata quello che dovrebbe essere, una città-paese, dove ogni rione fa storia a sé, col suo senso di comunità. Già solo la scomparsa dei torpedoni che assediavano il centro è una liberazione”, fa notare Angelo Bucarelli, artista, esperto d’arte e organizzatore di eventi culturali. Naturalmente qui siamo solidali con tutte le persone rimaste senza lavoro o in cassa integrazione, con gli hotel vuoti e tutto il resto. Detto questo, lasciateci finalmente godere di una città turist-free. “Ma siamo sicuri che il modello low cost, i gruppi organizzati, il turismo ciabattone sia la ricetta giusta? In questo modo Capri è stata rovinata…”, continua Bucarelli. Insomma, gli effetti del Covid potrebbero darci l’opportunità di ripensare la città. A patto di avere una classe dirigente all’altezza.
E i romani si sono riappropriati pure del Tevere. E’ bello, la domenica mattina, veder famiglie in bicicletta e gli ex untori runners invadere gli argini come in gita. E a molti non mancherà quella fiera di coattonia che era la manifestazione estiva sotto il Tevere, quelle bancarelle discutibili e locali improvvisati dove si salvava solo l’arena del cinema, che però forse ci sarà. Alzi la mano d’estate chi non c’è mai stato, sempre con un punto di domanda nel cervello: “Ma che ci sono venuto a fare?”.
L’unico rischio, in questa Roma in cui si fa la fila davanti ai negozi di biciclette, perché ora ci siamo scoperti tutti ciclisti in una città che non è fatta per le due ruote (le distanze immense, le salite vertiginose, il traffico aggressivo), ecco in codesta città ideale c’è solo una nota dolente: i monopattini. Ora ci sono anche in sharing, inaugurati in pompa magna qualche giorno fa: 1 euro allo sblocco e 25 centesimi al minuto per rischiare la vita senza obbligo di caschetto e giubbetto catarifrangente. Spuntano ovunque, ritti come pini, pure contromano, e c’è da farsi il segno della croce: per chi li usa e per chi, in auto, deve stare attento a non metterli sotto.