Problema di credibilità
Il Vaticano condanna le violenze in America ma tace su quel che la Cina fa a Hong Kong. Eccesso di realpolitik
Ora che la Cina certifica pubblicamente che Hong Kong è roba sua e che le vecchie libertà di cui andava fiera la città autonoma saranno presto un ricordo, è naturale pensare che in Vaticano qualcuno si porrà il problema di come continuare a negoziare con il regime di Pechino. Finora, come si è scritto in tutti i modi, la relazione speciale è stata del tutto sbilanciata: a fronte di modeste concessioni di Xi, la Santa Sede si è mostrata più che disponibile a venire incontro ai desiderata cinesi. Non c’è nulla di drammatico o di strano in tutto ciò, è semplicemente il perseguimento di una fiera politica realista che a fasi alterne ha dominato la diplomazia d’oltretevere.
Il problema è che non si può biasimare un giorno sì e l’altro pure quanto avviene ad altre latitudini – soprattutto nell’America lacerata tra scontri razziali e assalto ai monumenti – e allo stesso tempo non dire una parola sulla soppressione delle libertà che Pechino sta attuando sistematicamente da più d’un anno nella sua zona d’influenza. Si pone un serio problema di credibilità, che fa venir meno anche il racconto così popolare – quanto storicamente fasullo – di una Santa Sede perennemente sopra le parti, attiva nel mediare o facilitare riconciliazioni nelle varie zone di crisi. Se si accenna con giusta e motivata preoccupazione ai rischi che corre la democrazia americana, diventa arduo continuare a mantenere un profilo più che basso rispetto agli avvenimenti orientali, dando la sensazione che la repressione del regime cinese sia in qualche modo tollerabile per fini maggiori.