Roma Capoccia
Ai romani lo smart working piace assai, meno ai commercianti
Consente di azzerare il tempo passato nel traffico e sui mezzi pubblici. Si guadagna in qualità della vita
Roma. Tutti contro lo smart working? W lo smart working! E’ un po’ questa la sensazione che si ha parlando di lavoro agile a Roma. Una rivoluzione che divide i lavoratori in due: quelli che odiano stare a casa e non vedono l’ora di tornare in ufficio (anche per prendersi una pausa dai figli piccoli) e quelli che stanno meglio tra le mura domestiche o magari nelle seconde case, sicuri di averne guadagnato in qualità della vita, secondo la regola del “se vivo meglio, lavoro anche meglio”. Diciamo che i romani che preferiscono il lavoro agile sono tanti, forse più dei milanesi. “Qui si apprezza più che altrove a causa della quantità di tempo di percorrenza tra casa e ufficio (52 minuti la percorrenza media, ndr) dovuta alle dimensioni della città e a un trasporto pubblico carente e molto faticoso. Lo smart working consente di azzerare il tempo passato nel traffico e sui mezzi pubblici. Si guadagna in qualità della vita con il vantaggio di decongestionare la città. L’ufficio però non sparirà: continueremo ad andarci, ma non tutti i giorni”, spiega Stefano Da Empoli, presidente di I-Com, Istituto per la competitività, think thank che, come molti soggetti, sta studiando il fenomeno.
Vediamo qualche numero. Con la ripresa di settembre, la maggior parte dei lavoratori a Roma e provincia rimarrà in modalità smart working: oltre il 50 per cento resterà a casa, con punte più alte nelle aziende private (60-70), che possono decidere in maniera autonoma. Nella pubblica amministrazione, invece, la metà di chi è in lavoro agile entro fine settembre rientrerà gradualmente in ufficio, ovvero 150 mila persone circa su un totale di 400 mila dipendenti pubblici (ma 100 mila erano già rientrati). La Regione Lazio ha richiamato al lavoro la metà dei lavoratori a casa, mentre il Comune continuerà a tenere a casa la metà dei dipendenti, ovvero 11 mila persone circa su 23 mila. Questo fino al 15 ottobre, giorno in cui scadrà lo stato emergenziale dell’ultimo dpcm, poi si vedrà.
Qualche dato arriva anche dall’Agenzia per la mobilità: se prima del Covid entro il raccordo anulare si spostavano con i mezzi pubblici 1,2 milioni di persone, la stima a settembre è di circa 400 mila in meno. Un dato interessante a livello nazionale, ma Roma è negli stessi parametri, è il calo di denunce per infortunio sul lavoro tra gennaio e luglio pervenute all’Inail, con un -23,7 per cento, dato determinato soprattutto dal calo tra marzo e luglio: -31,6 per cento, con il clou a maggio, con dati praticamente azzerati rispetto al maggio 2019. A Roma, dicevamo, il lavoro agile piace. A differenza di Milano, dove il sindaco Beppe Sala in più occasioni ha auspicato per tutti il ritorno in ufficio, sia perché “si lavora meglio e ci si confronta con gli altri”, sia per la desertificazione delle attività commerciali nel centro. “Non la posso vedere Milano così”, ha detto. A Roma Virginia Raggi sul tema non si è espressa, ma la Capitale per una volta sembra essere più aperta alle novità rispetto al capoluogo lombardo. “Non si può rimettere il dentifricio dentro al tubetto”, ha scritto Marco Bentivogli (Cisl) in un illuminante intervento su Repubblica. Del resto abbiamo assistito a una rivoluzione e quello che doveva accadere in 10 anni è successo in 4 mesi: da 570 mila lavoratori in smart working nel 2019 a 8 milioni durante il lockdown. “Non si può cristallizzare il passato: il mondo è cambiato e bisogna adeguarsi. Invece di guardare indietro vanno invece colte le opportunità che questa situazione offre. Come, ad esempio, la rinascita dei quartieri e delle periferie, dove potrà concentrarsi un numero maggiore di attività commerciali, bar, ristoranti. Potrebbe diventare realtà quella ‘centralità locale’ di cui parlava Walter Veltroni quando era sindaco”, osserva Stefano Da Empoli. Il centro, poi, non è detto che sia destinato a morire. Ci sarà il momento in cui si riprenderà a viaggiare e i turisti torneranno, e con essi anche molte attività. Per il momento, ci si gode un dato in controtendenza: l’aumento del 20 per cento degli affitti a lungo termine negli appartamenti in centro, quelli che prima erano destinati solo ai turisti su Airbnb. Forse una bella notizia.