Una cornacchia zampettando ruota la testa a destra e sinistra davanti ai cancelli chiusi, quasi emulasse lo stupore dei passati turbati dalla desolazione scura di quel grande e fastoso palazzo serrato, quasi luttuoso. Il Grand Hotel via Veneto, 116 tra stanze e suite in stile Art Déco “adattato al gusto moderno”, è solo uno degli oltre 500 alberghi della città che hanno deciso di non riaprire o ci hanno provato, fallendo, dopo il lockdown. Numeri enormi se si considera che nella Capitale gli hotel sono 1.200. Una folla di 120mila posti letto rimasta orfana dei corpi rilassati di turisti americani, russi, cinesi, coreani ed arabi. Tutti bloccati dal quasi stop ai voli, dalle quarantene obbligatorie (all’arrivo al ritorno) e, non da ultimo, dalla paura. “Almeno fino al 2023 non ci sono speranze di tornare alla normalità”, dice al Foglio Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi e titolare di tre hotel in città che ricorda come a Roma ogni 100 presenze negli alberghi ci siano 72 turisti stranieri, per lo più extraeuropei. “Molti – dice – hanno riaperto a settembre, ma molto probabilmente richiuderanno alla fine di ottobre, perché purtroppo i flussi non sono aumentati, la situazione tornerà alla normalità solo nel 2024”.
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