Roma. Ha avuto tutto dalla vita, dice, non lo fa per ambizione né per soldi. E dunque, nella piazza dietro al Pantheon, sotto la pioggia, con un tendone di un bar a fare da ombrello, Vittorio Sgarbi può annunciare sorridendo la candidatura a sindaco di Roma al grido di “fatevi i cazzi vostri” e “vota Sgarbi prima che sia troppo tardi”. E’ il giorno in cui a sinistra ci si riunisce per capire che cosa fare (primarie, nomi, temi), e Sgarbi, circondato da cronisti e supporter (uno indossa una mascherina con scritto “Conte in tribunale”), vuole opporsi prima di tutto al clima di “morte”, “paura” e “peste”, ed è chiaro che la peste, nelle sue parole, è sia Virginia Raggi sia la gestione governativa dell’emergenza Covid. E infatti la candidatura romana con il simbolo “Rinascimento”, con chiamata del centrodestra a convergere sul suo nome o a fare le primarie, e con ripescaggio per ora soltanto sognato di ben quattro ex assessori del sindaco attuale (Marcello Minenna, Carla Raineri, Paolo Berdini, Massimo Colomban), si interseca con l’idea di farsi più in generale “speranza” personificata di ripartenza dopo il Covid, “quando saremo liberi, nel 2021”.
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