Spina di borgo
Agenda Cei
Sguardi e inchini al posto dello scambio della pace. Le priorità sarebbero altre, cari vescovi
Il Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana ha fatto sapere che dal 14 febbraio e fino a quando la pandemia non sarà finita, il gesto della pace sarà sostituito da uno sguardo o da un inchino col capo fatto ai vicini di banco durante le celebrazioni liturgiche. Da un lato, la mossa è giusta e sacrosanta: finalmente si pone fine alla creatività dei sacerdoti, alcuni dei quali avevano introdotto un “salutino” in stile regina Elisabetta a bordo carrozza. Dall’altro lato, però, imbarazza parecchio che con tutti i problemi che ci sono, i vescovi perdano tempo in scemenze quali appunto le modalità alternative per scambiarsi la pace. Eppure, la lista delle cose da fare sarebbe bella lunga.
Tanto per cominciare, perché non aprire un dibattito serio sulla qualità scarsa – e siamo buoni – delle omelie domenicali tenute dagli amboni? Omelie senza capo né coda, dove si spazia sovente dal calcio alla barzelletta che in teoria dovrebbe essere una simil parabola, dai commenti politici non richiesti a sparuti riferimenti alle letture del giorno (quando va bene). No, la priorità è il modo alternativo di scambiarsi la pace. Mah. Se ci fosse stato bisogno di un ulteriore elemento per valutare lo stato catatonico in cui versa la Cei, l’abbiamo avuto.
C’è chi parla e scrive da tempo della necessità di un Sinodo, di un “rinascimento”, di una messa in discussione totale di obiettivi, strumenti e organismi. E’ un’impresa dura, se si perde tempo in sguardi e inchini.