roma capoccia
Come si è ben reinventato l'Hotel de Russie negli anni della crisi Covid
Nel panorama desolante degli alberghi romani in questo periodo di restrizione, c'è qualche eccezione
Nel desolante panorama degli alberghi romani in periodo Covid (secondo le stime di Federalberghi sono aperti 80 su 1200 e uno su quattro non riaprirà più), c’è qualche eccezione. Parliamo dell’Hotel de Russie, forse il più bello della città, che nelle ultime settimane prima delle nuove restrizioni aveva visto risalire la curva delle presenze. Specialmente il ristorante, molto frequentato all’ora di pranzo e non solo nel week end. In certi giorni addirittura sold out. Per quanto riguarda le stanze, invece, su un totale di 120, di cui 34 suite, ci si è attestati su una media di 20 occupate, con punte fino a 35-40 a febbraio. Clienti business, naturalmente. Ma pure turisti francesi: le restrizioni Covid dalla Francia non sono impossibili e nel mese scorso molti sono arrivati a Roma come alternativa alla vacanza sulla neve. Con la possibilità, oltretutto, di poter fare il tampone molecolare senza uscire dall’hotel. Ma le camere si sono occupate anche grazie a un’iniziativa che ha registrato un discreto successo: la possibilità per i romani di passare una notte in camera standard a 390 euro a coppia (ma all’inizio erano solo 300), con cena al ristorante e colazione inclusa. Un bel risparmio rispetto ai 600 euro a notte da cui si parte di solito (alcune suite in alta stagione arrivano a 10 mila euro).
“Sono venute molte coppie, anche giovani e al di fuori del nostro target abituale, per godersi una vacanza in città, un modo per trattarsi bene e dimenticarsi della pandemia. Ma anche famiglie con figli adolescenti”, racconta Marco Filippi, direttore del De Russie. Coppie ufficiali o magari clandestine? “La privacy del cliente sta al primo posto, mi pare però complicato portare avanti una relazione clandestina di questi tempi…”, risponde il direttore. Insomma, se all’Hotel Forum si aggira solitario Alfonso Bonafede , qui si avverte il gusto di piacere e di piacersi del bel mondo romano. Specialmente al ristorante, Le Jardin de Russie, che insiste su un meraviglioso “giardino segreto”, proprio sotto il Pincio. Breve digressione storica. L’Hotel deve il suo nome al fatto che alla fine dell’Ottocento era frequentato da nobili e diplomatici russi. Progettato nel 1814 dall’architetto Giuseppe Valadier, ha vissuto fortune alterne e durante la seconda guerra mondiale è stato anche rifugio di sfollati. Dopo un passaggio di proprietà ai Torlonia e poi ai conti Vaselli, dagli anni Cinquanta è stato sede della presidenza della Rai. Nel 1999 la gestione è del gruppo Rocco Forte che nel 2000 l’ha riaperto come albergo di lusso. A parte camere e suite con terrazzi mozzafiato su Piazza del Popolo, il suo punto di forza è appunto il giardino all’italiana, a ridosso di Villa Borghese, restaurato nel giugno scorso.
“Per l’occasione avremmo voluto fare una grande festa, ma non è stato possibile”, racconta Marco Filippi. Il giardino è un tuffo nella grande bellezza: un asse prospettico centrale caratterizzato da elementi di architettura neoclassica come scalinate, terrazze, balaustre, grotte, vasche, fontane con giochi d’acqua, putti e ninfei, oltre a un ricchissimo patrimonio botanico. Il ristorante fa un’ottantina di coperti, in cucina c’è lo chef Nazzareno Menghini con la supervisione di Fulvio Pierangelini. Notevole pure lo Stravinskij Bar. La caratteristica del De Russie, come anche dell’Hotel Locarno, altra meraviglia del centro in pieno stile liberty, è di essere un luogo “vissuto” dai romani: qui ci si dà appuntamento per lavoro, si viene per l’aperitivo o il brunch, e poi a pranzo o a cena. Forse da qui il successo della “fuga romantica”. “Sono stati i nostri stessi clienti a suggerircela”, rivela il direttore. Che però sottolinea: “Attenzione, non vorrei che la situazione sembrasse rosea quando è drammatica. Da un anno lavoriamo in perdita, i nostri 150 dipendenti sono in cassa integrazione a rotazione, sopravviviamo perché facciamo parte di un grande gruppo. Capisco gli albergatori che per necessità hanno scelto di rimanere chiusi. E’ impossibile gestire un albergo dovendo far programmi che non vanno più in là di una settimana. Teniamo duro, ma tutto ciò dovrà finire presto…”.