Roma Capoccia
Il collasso della Pa romana. Grazie Virginia
Non funzionano più né l’anagrafe né i cimiteri. Con la burocrazia capitolina è difficile nascere e impossibile morire
Ah, che bellezza il welfare State inglese che, come s’insegna ai corsi di scienze politiche, accompagna il cittadino “dalla culla alla tomba”. Una garanzia. Anche a Roma in un certo senso va così. Solo che al contrario. Non c’è passaggio dell’esistenza che non sia scandito da qualche disfunzione amministrativa. Fino, letteralmente, alla morte. Due giorni fa in diversi punti della città sono spuntati dei cartelloni formato gigante con la scritta: “Scusa mamma se non riesco ancora a farti tumulare”. Una denuncia che dà la dimensione dell’esasperazione. Da alcuni giorni sono più di 1.500 le salme che nelle camere mortuarie del cimitero Flaminio e al Verano attendono la cremazione. E così, per evitare il collasso, martedì Ama ha scritto alle agenzie di pompe funebri: “Nelle camere mortuarie dei cimiteri Flaminio e Verano si è raggiunto il numero massimo di salme ospitabili, per questo non sarà possibile conferire nuove salme al cimitero Flaminio con destinazione cremazione. Sarà comunque consentito presentare domanda di cremazione per destinazioni diverse”.
A Roma i forni crematori sono solo sei e si trovano al cimitero Flaminio, la comunicazione dunque ha un significato preciso: chi vorrà cremare i propri cari prima della sepoltura dovrà andare fuori città, ai forni di Civitavecchia o Viterbo. Oltre il danno, la beffa: per la pratica Ama chiede alle famiglie dei defunti 350 euro di sovrattassa. Un balzello che con l’impennata di morti creata dalla pandemia aveva convinto mesi fa la sindaca Virginia Raggi a firmare una delibera per la sospensione del pagamento. Il provvedimento però è scaduto lo scorso 31 gennaio. L’emergenza secondo i partiti d’opposizione non è neanche così imprevista. Ad agosto 2017 fu l’allora assessore all’Ambiente, Pinuccia Montanari, a far approvare una memoria di giunta per la realizzazione di nuovi forni crematori necessari per gestire la crescente richiesta. Ma l’impegno è rimasto inchiostro sulla carta. Alla vicenda si somma a una situazione che già prima della crisi dei forni era piuttosto piuttosto complicata. Come denunciato dal consigliere di Fratelli d’Italia Francesco Figliomeni – che sul punto ha presentato un’interrogazione urgente alla sindaca – chi deve gestire un lutto oggi si trova per di più di fronte a un seccante doppio passaggio burocratico: prima all’anagrafe per avere il certificato di morte, poi alla controllata Ama per le operazione funebri e la sepoltura. Sdoppiamento che ha l’effetto di ritardare ulteriormente le operazioni.
Non c’è pace per i morti dunque, ma neppure ai vivi va meglio. Per la gestione dei rifiuti, anche questa di Ama, ci sono problemi logistici per la stessa “carenza d’impianti” in un’analogia macabra che sa di blasfemia. E non va meglio neanche negli uffici capitolini. Negli ultimi mesi l’arretrato per le pratiche di cambio di residenza è diventato insopportabile. Sono centinaia le persone che attendono invano da dicembre il passaggio. Di regola, dopo l’invio della Pec, vale il silenzio assenso e quindi una volta inviata la pratica, teoricamente, il cambio avviene entro due giorni. Ma se a questa teoria non si affianca la reale registrazione sulla piattaforma comunale, quando poi il malcapitato ha bisogno del certificato per qualsiasi altra pratica scopre a sue spese che il cambio non è ancora avvenuto. Racconta Giuseppe, 33 anni, giornalista: “Ho chiesto a dicembre il passaggio di residenza da Mongiana, il paese calabrese dove sono nato. Ero convinto che la pratica fosse andata a buon fine, invece quando sono andato alla Asl per fare il passaggio del medico di base mi hanno detto che non era possibile perché il cambio di residenza non era avvenuto”. Sorte simile toccata anche a chi si trasferisce da un municipio ad un altro, come Arianna, 35 anni, che da Monterverde si è trasferita nel V municipio. Anche lei ha presentato la richiesta e si è convinta che il passaggio fosse avvenuto in automatico. Poi al tentativo del cambio del medico ha scoperto la realtà. “Spiacente signorina, ma il passaggio non risulta”. E lo stesso accade a chi vuole iscrivere i propri figli all’asilo nido o ha la necessità di accedere ai servizi sociali offerti dal comune.
Da cosa deriva questo pantano? Ne avevamo già scritto mesi fa. Tutto è cominciato con il passaggio dell’anagrafe romana nell’Anagrafe unica nazionale della popolazione residente. Per questa transizione ai dipendenti dei municipi è stato dato un nuovo software. Solo che all’interno mancano diverse possibilità che sono presenti invece nella complessa realtà urbana romana. Un esempio: non è prevista la possibilità che all’interno di un condominio ci siano più palazzine ciascuna con più scale. Così le pratiche si accumulano e chi ha bisogno urgente del certificato si ritrova ad utilizzare metodi discutibili e anacronistici: alzare il telefono e chiamare un consigliere comunale nella speranza che possa risolvere il problema.