RomaCapoccia
Barbareschi irrompe in Campidoglio: “Disposto a candidarmi”
"Roma deve puntare su grandi eventi culturali, spettacoli dal vivo, real estate, diventare attrattiva per gli investimenti economici e il turismo di qualità", dice l'attore. Che non si tirerebbe indietro se gli chiedessero di correre per il Campidoglio
Intervistare Luca Barbareschi non è mai semplice, per la quantità di pensieri, input, riflessioni e anche provocazioni che l’attore, regista e produttore riversa sull’interlocutore in mezz’ora di chiacchierata. Allora forse si dovrebbe partire da due assunti: Barbareschi è un uomo appassionato, che ama quello che fa. E che ama la politica. Di cui è stato un diretto protagonista: dal 2008 al 2013 è stato deputato del centrodestra, compreso anche uno svirgolo per il progetto di Gianfranco Fini, di cui coniò il nome, Futuro e Libertà, salvo poi fare retromarcia. Ora guarda un po’ sgomento quello che accade nella città in cui vive, con il centrodestra che non riesce a trovare uno straccio di candidato, mentre la sinistra si divide e Virginia Raggi tira dritto per la sua strada. “Qualcuno me l’ha anche chiesto, un anno fa, di candidarmi a sindaco. Avevo dato una disponibilità di massima, ma poi sono spariti”, rivela. Davvero farebbe il sindaco di Roma? “Sì, ma pretenderei libertà assoluta sul programma e sulla squadra, quindi nessuno me lo richiederà. Per guidare questa città ci vuole un dittatore illuminato, qualcuno che per dieci anni faccia cose impopolari, che scontenti tutti: partiti, conventicole, interessi vari…”, sostiene Barbareschi.
La colpisce che il centrodestra, pure a Milano, non riesca a trovare candidati dalla società civile? “La classe dirigente ha meno voglia di mettersi in gioco. Forse manca un po’ di passione civile. Ma è un problema anche politico. Finché i partiti selezionano la loro classe dirigente non secondo le eccellenze e i meriti, ma la fedeltà e le conventicole, scegliendo sempre i soliti noti, si avranno governi dei mediocri da cui i migliori si terranno alla larga. Lo si vede anche in Rai…”. Lei ci è appena tornato, su Raitre, con il programma In barba a tutto. Che intende? “I nomi che girano per le nomine della tv pubblica vanno bene per fare il direttore finanziario o amministrativo, ma non ce n’è uno esperto di televisione. Lo stesso per le città: un sindaco deve avere una visione culturale, sociale e macro-economica. Dove voglio portare questa città? Come posso renderla migliore?”. Ecco, appunto, come? “Un sindaco deve avere un progetto intorno al quale saper mobilitare i cittadini. Roma deve puntare su grandi eventi culturali, spettacoli dal vivo, real estate, diventare attrattiva per gli investimenti economici e il turismo di qualità. Milano si sta già risollevando pur essendo un pallido ricordo della città di un tempo, quella della musica, della cultura e del design. La Milano post Expo è un bluff, eppure è l’unica città italiana inserita in Europa e nel mondo. La differenza sta nella mentalità”. Quindi è colpa dei cittadini? “I romani sanno essere meravigliosi, ma purtroppo qui prevale lo ‘sticazzismo’. Che a lungo andare è deleterio, perché significa non appassionarsi a nulla, non avere cura di niente. Ci vorrebbe un po’ di cultura calvinista del fare e fare bene. Io ho tentato di farlo, nel mio piccolo, col Teatro Eliseo. E i miei colleghi, invece di imitarmi, mi attaccano. La rivoluzione deve partire da ognuno di noi. L’albero si cambia dalle radici, non dalle foglie. E poi Roma ha il problema che ha uno stato nello stato molto invadente. Viene quasi da arrendersi: a Porta Pia ci siamo sbagliati, riprendetevi tutto, w il papa re…”.
Che giudizio dà dell’amministrazione Raggi? “Sbaglia chi la liquida come un incidente di percorso. Mi sembra che i partiti non abbiano imparato nulla dalla lezione del 2016: se la Raggi ha stravinto e ancora adesso ha buoni sondaggi, un motivo ci sarà, a partire dal fallimento degli altri. Credo sia una persona in buona fede, ma totalmente impreparata. E nessuno l’ha aiutata. Così si è circondata di persone sbagliate, basti vedere l’ex assessore alla cultura Luca Bergamo, che ha fatto danni per i prossimi dieci anni, distribuendo soldi a pioggia non si sa a chi. L’idea di Casaleggio del governo dal basso attraverso la rete è affascinante, io l’avevo avuta anni prima con wikipolitics, di cui parlai anche a Fini. Ma ai grillini contesto la logica dell’uno vale uno. In politica occorrono persone di valore, preparate, competenti nei rispettivi campi”. Quindi le piacerà Mario Draghi…? “Certo, ha sgonfiato il politichese inutile: si va dritti al sodo e sui temi dirimenti decide lui. Con quell’aria sorniona, è solido e pure simpatico. Ma non sarà lui a risolvere i problemi italiani, che riguardano soprattutto la psicanalisi. Gli italiani devono diventare adulti”. Lei si considera ancora di centrodestra? “Sono di cultura liberale, sto benissimo tra il socialismo craxiano e i repubblicani”.