roma capoccia

Cari candidati, fatevi un giro con quelli di Quartieri criminali

Sui social e su YouTube spopolano i video di Cicalone e Faraoni: reportage in periferia senza moralismi né apologie  

Andrea Venanzoni

I candidati a sindaco della capitale nel tentativo di farsi vedere vicini alla realtà di strada, potranno anche riunirsi in un palazzo occupato, cimentarsi in un romanesco meno credibile dell’Adriano Celentano che fu Rugantino e Er Più, darsi convegno in diretta Facebook con bolliti pseudo-influencer, ma così facendo continueranno a mancare il punto: capire le reali esigenze delle periferie e di quei quartieri che le amministrazioni non li trovano nemmeno su Google Maps.

   
Se invece volessero un quadro più reale, sporco e granuloso della situazione, potrebbero andare a lezione da Simone Cicalone. Anzi, da “Cicalone Simone”, visto che nel suo brand si presenta esattamente così.
  
 

  

Cicalone è un pugile, ex karateka, ex kickboxer, assurto a celebrità digitale per i suoi video di allenamento e corretta alimentazione, prima, e successivamente per video più articolati, dove sempre con enfasi bonaria e ironia ha preso di petto, letteralmente in alcuni casi, tematiche più spinose. 

  
Ma è con "Quartieri criminali", realizzati nel format "Scuola di Botte", una esplorazione non pretenziosa delle aree urbane più degradate e problematiche di Roma, che Cicalone raggiunge la notorietà e un seguito di entusiasti apologeti e commentatori: i freddi numeri digitali parlano chiaro, come pure la mole, non comune per i parametri di YouTube, di commenti favorevoli.

  
Il sunto è così riassumibile: segnalateci un quartiere ritenuto del tutto fuori dalla grazia di Dio, una landa arida, famigerata, inospitale, ritenuta popolata da selvaggi banditi, e noi andremo là per voi, per mostrarvela sul serio. Per come è. Lontano dal sensazionalismo di media e leggende metropolitane.

  
In compagnia del kickboxer Mattia Faraoni e di ragazzi di volta in volta residenti nel singolo quartiere "criminale" che nell’incedere, nella postura e nei tatuaggi sembrano usciti fuori da un video musicale hardcore dei primi anni novanta, Cicalone ci intrattiene, senza moralismo alla Brumotti o pietismo d’accatto, sulle caratteristiche del posto e su come ci si vive davvero.

 

  
“Quartieri criminali” è un lungo piano-sequenza di storie familiari e personali agghiaccianti, ma anche di riscatto, come nel caso dei tatuatori di Ponte di Nona, di solidarietà popolare, come si vede nei video sull’Idroscalo di Ostia, di senso quasi paesano di comunità al Quarticciolo, dove ci sono certo gli spacciatori ma pure chi si spezza la schiena facendo l’onesto fornaio. C’è l’aroma tragico degli Anni di piombo e delle scelte sbagliate, nel ciondolare della croce celtica esibita al collo da uno dei protagonisti, cinquantenne, nel video di Primavalle, e la multirazzialità caotica e rumorosa ma tutto sommato piacevole di Torpignattara e del Pigneto, e quella invece insostenibile e degradante che si irradia come un corteo di metastasi attorno la Stazione Termini.

 
In questi video, di tanto in tanto affiorano personaggi che potrebbero eguagliare la consunta esemplarità umana e simbolica di un Jerry Sperandini, il protagonista del film ‘L’Imperatore di Roma’, del compianto Nico D’Alessandria. A San Basilio, ad esempio, da cui ci arrivano anche le scene emotivamente più forti: droga, tentati omicidi, carcere duro, automutilazione ai limiti del nichilismo suicida. O il tale che tesse un lontano ma carnale ricordo di un Pasolini sporcaccione al Laurentino 38.

 
C’è la fatiscenza oltre i limiti dell’umano del residence Bastogi, che a Roma in genere si declina con due g, ‘Bastoggi’, su cui anni fa venne realizzata una bellissima, e cruda, serie tv che certifica il fallimento senza prova d’appello della formula residenziale dei Residence abitativi.

 
Non propongono soluzioni istituzionali, Cicalone e Faraoni, a parte l’elogio degli sport di combattimento e della palestra per vincere il nulla cosmico in cui sono condannati i ragazzi delle periferie. Ma ci mostrano, e non è poco, una realtà da troppo tempo nascosta sotto il tappeto. Quella realtà con cui molto spesso i politici fanno solo finta di confrontarsi.