Roma Capoccia - Spina di borgo
Latino no, grazie
Più passa il tempo e più non si capisce il senso della crociata contro la messa antica
Più passano le settimane e più risulta complicato capire i toni (e in parte l’utilità) del motu proprio Traditionis custodes con cui il Papa limita la celebrazione della messa secondo il rito antico (la cosiddetta “messa in latino”). Del documento si è scritto in abbondanza, così come delle misure severe in esso contenute. Qualcuno, e non del tutto a torto, ha parlato di repressione. Il fatto è che a distanza di tempo, l’applicazione risulta assai soft. Molti vescovi diocesani, anche tra quelli annoverati nel gruppo dei “progressisti”, si sono presi del tempo prima di stabilire come applicare il motu proprio a casa loro.
È accaduto in Europa (Stoccolma, ad esempio), ma soprattutto negli Stati Uniti. Il fatto è che lì la questione è potenzialmente esplosiva: non sono pochi i contesti dove i più assidui frequentatori delle messe domenicali sono proprio i cosiddetti “tradizionalisti”. E quindi, si sono detti i vescovi, che si fa? Perfino l’arcivescovo di Washington, il cardinale Wilton Gregory (liberal), ha detto che valuterà il da farsi. Al netto delle prese di posizione ideologiche e ridicole (in Costa Rica qualche presule vieta le tovaglie di lino e parla di “messe proibite”,) la faccenda sembrerebbe ridimensionarsi. Al punto che viene da chiedere: era proprio il caso di intervenire pure su questo tema?