Roma Capoccia
Le sette Rome: viaggio nella diseguaglianza post pandemica
La città eterna è un conglomerato che simile a una metastasi iridescente si dipana in orizzontale, invadendo la linea d’orizzonte, e così si suddivide in tante sotto-città
Sette sono i Colli che punteggiano la fisionomia storicizzata della città eterna. Sette, ormai, sono le Rome: non più una città meramente differenziata in aree e borgate, centro e periferia, ma un autentico conglomerato che simile a una metastasi iridescente si dipana in orizzontale, invadendo la linea d’orizzonte, e formando tante sotto-città, simili alla mostruosa Bellona del romanzo “Dhalgren” di Samuel R. Delany. Delle sette Rome ci parlano Keti Lelo, Salvatore Monni e Federico Tomassi, tre accademici che unendo le loro forze, intellettuali e pratiche, han tirato su l’associazione MappaRoma, una community interattiva che raccoglie dati e propone analisi e scenari sulla cangiante mutevolezza di una città-regione sempre più priva di una propria identità e sempre più pervasa dagli spettri inquieti della miseria e del disagio: MappaRoma ha un sito internet, costantemente aggiornato e che propone una cartografia sociologicamente apprezzabile della costante divaricazione che si inarca come un serpente ferito sui profili assopiti della città, testimonianza di come la pandemia abbia radicalizzato processi di disgregazione socio-geografica già presenti. Il progetto si è anche traslato sulla carta di due libri, entrambi editi dalla Donzelli e firmati da Lelo, Monni e Tomassi: “Le mappe della disuguaglianza. Una geografia sociale metropolitana”, risalente al 2019 e, appunto, “Le sette Rome. La capitale delle disuguaglianze raccontata in 29 mappe”, del 2021. Quali sono, esattamente, queste sette enclave? Questi autopoietici e autoreferenziali mondi che si differenziano coi loro codici espressivi, i loro strumenti comunicativi, il loro tessuto sociale rinsaldato dai dati sul reddito individuale e sui consumi e sui tassi di astensionismo alle elezioni.
C’è, al centro, la città storica, quella dell’arte, della cultura, del turismo e dei palazzi del potere. La città ricca, che psicogeograficamente assomma tra loro quartieri che fisicamente non si toccano: Eur, i quadranti “bene” di Roma Nord, e l’Appia Antica. C’è la città compatta, quella cioè delle grandi zone residenziali spuntate come funghi dopo l’acquazzone della grande speculazione edilizia.
C’è la città del disagio, nutrita da quel presepe abborracciato di case popolari e borgate un tempo abusive e oggi introiettate nel magma del piano regolatore, senza che ciò abbia comportato miglioramenti, se non la mera lavata di coscienza del potere pubblico. La città del Grande Raccordo Anulare, la città mobile, eterea, sfilacciata e inquieta che si sviluppa lungo direttrici automobilistiche. La città-campagna, irradiata come un fascio di luce mattutina nel ventre scurito di ciò che residua del fu Agro Romano. E poi, come nell’ultimo dei gironi danteschi, la città degli invisibili: dei campi nomadi abusivi, degli accampamenti informali e spesso non censiti, degli homeless, quello che con Mike Davis potremmo definire il pianeta degli slum.
I libri e il sito internet offrono uno spaccato organico e prezioso su come la pandemia abbia devastato il tessuto sociale capitolino: la crisi occupazionale del 2020-2021, confrontata con l’analogo periodo del 2019, ha fatto registrare cali di occupati assai significativi, nei trasporti, nell’agricoltura, nella logistica, nel commercio, nel turismo. E c’è poi il dato sul reddito individuale: alto nei quartieri centrali e di Roma Nord, dove supera, in media, i 60.000 euro annui, salvo poi inabissarsi attorno ai 18-20.000 nelle periferie. Ma in generale il reddito medio capitolino è nettamente inferiore rispetto quello di Milano: 26.758 euro annui per Roma, contro i 34.189 di Milano.
Aumentano esponenzialmente le persone che hanno dovuto far ricorso alle mense della Caritas, le quali nel 2020 hanno distribuito ben 238.000 pasti, mentre l’anno precedente ne avevano erogati 185.000. Sconvolgente, poi, il dato del reddito di cittadinanza, con alcuni quadranti cittadini che, letteralmente, ne dipendono: Borghesiana, Ponte di Nona, Tor Bella Monaca, qui ogni cento persone, sei hanno avuto domanda accolta e percepiscono il reddito. Difficile da queste parti sostenere che dopo la pandemia andrà tutto bene. O più che difficile, impossibile.