Roma Capoccia
A Roma scompare il green Pass, ma i dehors restano
Mentre il paese esce dall’emergenza Covid nella Capitale il tavolino selvaggio che aveva salvato gli affari diventa stabile e i romani si dividono. I vip arrabiati scrivono al sindaco, qualcuno invece già dice: "Meglio così, l'anomalia era prima"
In Italia, si sa, nulla è più stabile del provvisorio. Figurarsi a Roma. E le ultime novità sulle pedane montate da bar e ristoranti nelle strade della capitale confermano questa legge non scritta. Perché se da aprile le misure anti Covid, dal green pass alle mascherine, verranno via via abbandonate, le occupazioni di suolo pubblico resteranno. A patto di iniziare a pagare. Da luglio 2020, infatti, per far fronte alla crisi dovuta alle chiusure prolungate, ai locali è stato concesso di aumentare il proprio spazio all’aperto del 50 per cento o di crearne uno ex novo (ove possibile) a titolo gratuito. Così in tutta la città è esplosa la pedano-mania, con centinaia di dehor sorti ovunque. Solo in centro in questi due anni ne sono stati montati circa 2.200. Con gran sollievo degli esercenti, che hanno potuto lavorare quando le consumazioni all’interno erano vietate, e aumentare gli incassi nella fase successiva.
La “procedura semplificata per emergenza Covid” funziona così: si prepara un progetto con la lunghezza della pedana che non può superare la distanza che intercorre tra gli ingressi del locale e non più larga di 2 metri e si presenta al municipio di competenza. All’approvazione si paga una tassa di registrazione di 70 euro al Comune e si procede. Queste regole semplificate, prorogate dal decreto “mille proroghe”, varranno fino al 31 giugno, poi torneranno i cavilli burocratici precedenti. Attenzione, però: dal primo aprile l’occupazione del suolo pubblico (Osp) si torna a pagare, secondo le vecchie tariffe, che però il Campidoglio vuole aggiornare, quindi aumentare, entro la fine del 2022. Nel I municipio, per esempio, per una pedana di 8 mq si pagheranno 14 euro al giorno, circa 420 euro al mese. Ma entro fine anno tutto il sistema sarà rivisto. “Daremo norme certe agli operatori creando un metodo che renderà la città più fruibile ai consumatori ma nel massimo rispetto del decoro e del rispetto delle norme”, ha detto l’assessore alle Attività produttive, Monica Lucarelli.
L’argomento, però, divide. Anche perché in questi due anni molti abusi sono stati commessi, tanto che nelle ultime settimane si è proceduto alla rimozione di numerosi “stalli” nel centro storico. E contro gli eccessi da “tavolino selvaggio” a novembre c’è stata una raccolta di firme di personaggi noti che hanno scritto una lettera-appello a Roberto Gualtieri invitandolo a vigilare. “Il centro di Roma si è trasformato in una mangiatoia a cielo aperto, ci sono punti in cui non si riesce nemmeno a passare e alcune pedane sono degli obbrobri visivi che deturpano il paesaggio e il decoro urbano”, si legge nella missiva. Già, perché la pedana si porta dietro non solo tavolini e sedie, ma ombrelloni, fioriere, perimetrazioni, lavagne porta menù, funghi per riscaldare, secondo un meraviglioso “catalogo per l’arredo urbano” del Campidoglio. Poi ci sono i residenti che si lamentano della perdita di posti auto e non trovano parcheggio sotto casa.
Ma tanti sono a favore. “Bisogna capire cosa vogliamo fare dello spazio urbano. Pensiamo forse che la città debba essere solo un immenso parcheggio o vogliamo restituire le strade ai cittadini? L’anomalia, per me, era prima. Qualsiasi dehor è meglio di tre auto parcheggiate”, osserva Massimiliano Tonelli, direttore di Art Tribune. E i vigili? “Premesso che gli abusi vanno puniti, i dehor portano più lavoro per tutti: al titolare, ma anche al cameriere che viene assunto per servire fuori. Poi ci sarà sempre quello del terzo piano che si lamenta perché non trova parcheggio…”, sostiene Alessandro Marchetti, sindacalista della Polizia Municipale. Insomma, il dibattito è aperto. Ma intanto “non si tornerà mai alla situazione pre-Covid” dicono dal Campidoglio. Dehor e tavolini, se in regola, resteranno.