Roma Capoccia
Trasporto pubblico locale: verso il Giubileo 2025… a piedi
I disservizi sulla Roma-Lido che riduce drasticamente il numero delle corse, le metro a orari ridotti e i tram sospesi. Così gli annunci di Gualtieri, il progetto di una città in 15 minuti appaiono sempre più surreali. E ai cittadini disperati non resta che tornare alla cara, vecchia auto
Il 17 marzo, forse per celebrare degnamente lo spirito risorgimentale della giornata, i pendolari della Roma-Lido, abbandonati nel nulla della Via Ostiense ed esasperati dopo l’ennesimo guasto della tratta ferroviaria, occupano la sede stradale e tirano su improvvisate barricate fatte con tronchi di legno, cassette della frutta e bancali. Nei giorni precedenti, contraddistinti da annunci politici su Pnrr, Giubileo 2025 ed Expo 2030, quegli stessi pendolari hanno fatto la conoscenza della fino a poco tempo prima misteriosa Ansfisa, l’agenzia per la sicurezza del trasporto ferroviario.
L’organismo, competente per valutare il grado di sicurezza delle infrastrutture ferroviarie, compresi gli impianti di traslazione e le scale mobili, e per la revisione dei convogli, è intervenuto più volte, fotografando una situazione drammatica delle linee romane. Se ne erano accorti, per primi, proprio i pendolari della Roma-Lido, dove la penuria di treni, ormai ridotti a due, e i continui fermi causa mancata revisione hanno fatto aumentare a dismisura i tempi di percorrenza, con giornate in cui i treni passano uno ogni trentanove minuti. Con conseguenze facilmente immaginabili vista la popolazione lidense che ammonta a centinaia di migliaia di abitanti.
Il numero delle corse, stando ai dati forniti dai sempre informatissimi comitati dei pendolari, è tracollato al minimo storico di 84 ogni giorno, mentre fino a non molto tempo prima ci si attestava sulle 178. L’offerta di posti/passeggeri ammontava a 7200, mentre oggi si è passati a 2400. Ma non di sola Roma-Lido vive l’attività Ansfisa, che ha avuto modo di occuparsi di tutta la restante infrastruttura della metro. Continua infatti ad essere drammatica la situazione delle scale mobili, e chiunque frequenti i cunicoli della metro se ne sarà reso conto, con continui fermi, lavori e blocchi. Sono ben 13 gli impianti osservati speciali dall’unità territoriale romana dell’Agenzia, tra scale mobili e ascensori.
Per queste mancanze, Ansfisa ha sanzionato il gestore del servizio, cioè Atac. Viene da chiedersi, a questo punto, chi pagherà. E si intende ‘pagare’ nel senso di accertamento della responsabilità amministrativa e politica, visto che in termini economici a pagare saranno, more solito, i cittadini. Inoltre i tecnici della sicurezza ferroviaria non hanno concesso il prescritto nulla osta per la prosecuzione del servizio a due treni utilizzati sulla Metro C e uno sulla Metro B, a causa della mancata manutenzione funzionale per il superamento della revisione intermedia. Inutile dire che i treni, fino ad avvenuta ottemperanza alle prescrizioni tecniche, saranno fuori gioco. Per non farsi mancare niente, è stato interdetto anche un filobus della Linea 90.
Tutto questo mentre viene annunciato che, per lavori, il tram 8 sarà sospeso da luglio per ben 6 mesi, la Metro A chiuderà alle ore 21 per 18 mesi, avete letto bene, diciotto mesi, da giugno e fino al dicembre 2023 e la Metro B chiuderà anche lei alle 21 per 3 mesi, da aprile. Una città che in pratica non avrà più servizio pubblico sotterraneo dopo l’ora di cena, in una sorta di coprifuoco infrastrutturale. Risultante di questa autentica falcidia, i surreali annunci che punteggiano le mattinate dei pendolari stipati sulle banchine, in attesa dei treni della metro. Causa penuria dei convogli, così recita la voce dall’altoparlante echeggiata dai display, i tempi di attesa aumentano.
In alcuni casi, la penuria, come la morìa delle vacche nella famosa lettera di Totò e Peppino, ha paralizzato del tutto il servizio, portando alla chiusura della intera tratta B1. Ai cittadini disperati, e infastiditi da certi annunci che surrealmente annunciavano il progetto di una città in 15 minuti, non resta che tornare alla cara, vecchia auto. E “cara” nel senso che con gli aumenti della benzina che contraddistinguono le settimane attuali si rischia la povertà al secondo pieno di carburante. E con l’abbonamento dei mezzi pubblici ormai abbandonato in tasca.