La svolta
Il coraggio di Gualtieri sul termovalorizzatore incenerisce il campo largo di Zingaretti
Il sindaco vuole l'impianto dopo 15 anni di “no” ideologici che hanno portato la città al collasso. Ma l'annuncio sbugiarda la linea del governatore della Regione Lazio. La sua maggioranza rossogialla è già in subbuglio. L'assessora grillina alla Transizione ecologica Roberta Lombardi attacca: "Non si farà mai"
È un fulmine che squarcia il velo di noia sonnacchiosa che regna normalmente in Aula Giulio Cesare. Un colpo di teatro. Un climax che, lo dicono i numeri, lo conferma il buon senso, può precipitare solamente lì. Roma avrà entro il Giubileo del 2025, al massimo entro il termine della consiliatura, un nuovo termovalorizzatore da 600mila tonnellate. Per dimensioni il secondo d’Italia. Lo realizzerà Ama, forse, con il contributo di Acea. Sarà dunque pubblico. L’annuncio che il sindaco Roberto Gualtieri affida all’Assemblea capitolina riunita in seduta straordinaria per parlare di monnezza rompe, con pacatezza, un tabù che sembrava inscalfibile. Il discorso del primo cittadino è coraggioso, conseguenziale, impeccabile. E’ il suo vero piano per la pulizia straordinaria della Capitale. Gualtieri la spiega in modo semplice. “Quella dei rifiuti è l’eredità più complessa che ci siamo trovati a gestire”, dice. “L’attuale assetto del ciclo dei rifiuti di Roma Capitale vive in una dimensione di cronica e latente emergenza, l’assenza di un’adeguata e autonoma dotazione impiantistica è il vero vulnus che oggi impedisce alla città di gestire il problema rifiuti”. Poi, dopo aver snocciolato dati impietosi – Roma chiude il ciclo dei rifiuti sul suo territorio e con propri impianti per una quota inferiore al 2 per cento delle quantità prodotte – l’annuncio. “Il nuovo impianto – dice il sindaco – sarà costruito in tempi brevissimi, con le migliori tecnologie industriali e permetterà di ridurre del 44 per cento le emissioni di C02, di produrre il fabbisogno di energia elettrica di 150mila famiglie l’anno e risparmiare il consumo di gas di 60mila famiglie. Non solo. Si potrà ridurre la Tari di oltre il 20 per cento”. Bisogna dirlo: una svolta.
In casa Gualtieri ottiene subito l’appoggio del segretario del Pd Enrico Letta che su Twitter dichiara: “Condivido e apprezzo. L’obiettivo è finalmente quello di risolvere una volta per tutte il problema. Avanti”. Molto di più ci mettono ad arrivare i commenti del governatore Nicola Zingaretti e del suo assessore ai Rifiuti Massimiliano Valeriani. Figli di un’altra stagione, quando al pragmatismo i dem preferivano il populismo immobilista grillino. La scelta di Gualtieri, d’altronde, sbugiarda la linea Zingaretti-Valeriani che nel piano regionale rifiuti hanno escluso ideologicamente i termovalorizzatori chiedendo invece a Roma di trovarsi una discarica. Dopo più di sette ore comunque il governatore dà il suo assenso: “Daremo il nostro contributo”. Per salvare capra e cavoli Gualtieri spiega che i termovalorizzatori sono stati esclusi dalla Regione, non per errore, ma perché l’ex sindaca Virginia Raggi aveva fornito dati sballati sulla differenziata. Ma come detto correttamente dal sindaco anche con la differenziata al 65 per cento, oggi è poco sopra il 45, la capitale saturerebbe discariche giganti, da un milione di tonnellate, al ritmo di una ogni tre anni.
Ma non è solo un problema tecnico. E’ una frattura politica. Il termovalorizzatore prima di incenerire i rifiuti incenerisce il campo largo che Zingaretti in regione ha reso realtà portando due grilline nella sua giunta. Una di loro, Roberta Lombardi, assessora alla Transizione ecologica è tra i primi a intervenire. “Il piano rifiuti della Regione Lazio non prevede l’installazione di nuovi inceneritori. Non si può fare e non avrà mai il nostro appoggio”. Anche Legambiente e Cgil criticano la decisione di Gualtieri. Mentre in Assemblea capitolina Sinistra civica ecologista, la lista legata all’ex vicepresidente della Regione Lazio, oggi eurodeputato Massimiliano Smeriglio, non vota l’ordine del giorno del Pd che sostiene la scelta di Gualtieri, lo stesso fa il consigliere dei Verdi Nando Bonessio. Ma i problemi sono direttamente anche in casa dem. Marco Miccoli, che di Zingaretti era portavoce quando il governatore faceva il segretario del Pd, segna la linea del fronte interno. “Un partito – dice – non può funzionare come una caserma. La scelta di realizzare un termovalorizzatore dentro Roma, fuori dal programma con cui si sono vinte le elezioni, è una scelta che andrebbe discussa. La mancanza di ogni forma di confronto sta diventando inaccettabile”. Non c’è dubbio poi che i problemi arriveranno anche dai territori. Tra i primi a intervenire c’è il sindaco grillino di Pomezia Adriano Zuccalà. E’ preoccupato. Secondo le prime indiscrezioni l’area in cui sarà realizzato il nuovo impianto è quello di Santa Palomba, zona industriale extra raccordo proprio a pochi chilometri da Pomezia. “Inaccettabile anche solo l’ipotesi di realizzare un termovalorizzatore ai confini del nostro territorio. Non lo permetteremo”.