(foto di Ansa)

roma capoccia

Risse, Piper e colpi di pistola. Sembrano tornati gli anni ‘70. Parlano Lugli e Picca

Gianluca Roselli

La capitale e la violenza notturna, una storia d'amore di vecchia data. Come è cambiata la criminalità che incendiava le discoteche romane

Colpi di pistola contro un giovane capoverdiano davanti all’Alibi, a Testaccio. Lo storico Kursaal di Ostia chiuso per una rissa. Per lo stesso motivo, botte da orbi con tanto di video, serrati i battenti per qualche giorno pure al Piper. Che sta succedendo a Roma, dentro e fuori i locali? Sembra di essere tornati indietro agli anni ‘70 e ‘80, quando le piste da ballo erano il palcoscenico calcato dalla malavita. Che addirittura ci investiva. Alcuni locali intorno a Via Veneto erano della banda della Magliana.

 

“La differenza è che prima la criminalità investiva in locali, ma poi lì non volava una mosca, perché erano luoghi dove ci si andava a divertire e basta. Oggi le bande e le famiglie che operano a Roma comprano altro: ristoranti, piccoli bar, negozi”, spiega Massimo Lugli, storico cronista di nera e scrittore (il suo ultimo libro è Il giallo del nano della stazione, Newton Compton). “I romani hanno sempre avuto nel loro dna la propensione a fare a botte, cosa che negli ultimi anni è resa più pericolosa dalle palestre che insegnano MMA - la disciplina praticata anche dai fratelli Bianchi - che è l’antitesi delle arti marziali, che invece insegnano disciplina, rispetto e controllo”. Di risse nei locali è piena la storia della città, da Giorgio Chinaglia, che al Jackie O’ salta addosso a due per un’occhiata di troppo alla fidanzata, a certe serate alcoliche di Paul Gascoigne.

 

Chi ha raccontato certi ambienti è lo scrittore Aurelio Picca, ne Il più grande criminale di Roma è stato amico mio, in cui narra le gesta di Laudovino De Sanctis. “Risse, scazzottate e pistolettate a Roma ci sono sempre state. Prima però, a parte gli assassini veri, era più un fenomeno goliardico, da maschi in competizione, e poi finiva lì. Oggi è diverso”, osserva Picca (da poco è uscito il suo nuovo libro Contro Pinocchio, Einaudi). Che prosegue: “La sensazione è che 20 o 30 anni fa i malavitosi amavano divertirsi, sfoggiare la nuova Ferrari e l’ultima fidanzata ricoperta di gioielli davanti agli amici al Piper o al Jackie O’. I soldi rubati bisognava goderseli subito, bruciarli in fretta, senza pensarci. Oggi pure i criminali sono imprenditori e piccoli broker dediti all’accumulo seriale, lavorano senza sosta come travet, non si divertono più, sono diventati tristi. Prima avevano il senso del piacere e si godevano la vita, forse perché sapevano che poteva essere breve, e questo li rendeva più simpatici. Ora non si sa nemmeno che faccia abbiano”.

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