Roma Capoccia
Tutti Fenomeni: un trapper colto, anti-intellettualista e romano
L'Intervista al giovane cantautore politicamente scorretto (ma non turpiloquente): “La schwa è idiota. Io mi convinco delle frasi, non delle tesi"
“Uso un brutto nome, lo so. Ma con un nome d’arte coatto son tutti costretti a chiedermi quello vero”. Tutti Fenomeni, al secolo Giorgio Quarzo Guarascio, è l’autore di Privilegio raro: forse il più bell’album del 2022 in lingua italiana. Non a caso prodotto da Niccolò Contessa de I Cani, a suo tempo re della musica indie di stanza a Roma.
Oggi lo scettro passa a lui, che di anni ne ha ventisei. Nato nel quartiere romano di Monteverde e intervistato adesso su un romanticissimo terrazzo nel cuore del quartiere ostiense. Tutti Fenomeni è il giovane maestro dell’alto e del basso. Mescola rap, trap e Trilussa. Cinema, poeti russi e Battiato. Ha alle spalle un altro album, Merce funebre, e prima ancora un debutto nella scena hip-hop capitolina. Guarascio – microfono in una mano, gin tonic nell’altra – chiacchiera mentre la notte scende sul Gazometro alle nostre spalle. E col buio tramonta anche “Stragog”, la tre giorni in festa organizzata dal gruppo Magog e da Gog Edizioni. Realtà che nella quotidianità s’incontrano in via dei Coronari, all’atelier Battage, dove a prender corpo è un’idea di destra immaginaria. Vivace, di radice pariolina. E soprattutto lettrice. Ma l’arte di Tutti Fenomeni non è politicamente impegnata. Lontanissimo da Levante, Elodie e da tutti “quei morti viventi con un entourage di stronzi appresso”, Tutti Fenomeni si ciba piuttosto di saggi e poesie. Facciamo l’esegesi dei suoi testi quando a un certo punto recita i versi russi di Lermontov.
Se tu fossi un artista impegnato col tuo nome avresti l’ulteriore rogna dell’asterisco: Tutt* Fenomeni? Pesante. “Sì. E di tutte le battaglie linguistiche questa è la più idiota”, ci dice mentre s’accende l’ennesima sigaretta. “Non so come si sente una femmina riguardo queste faccende. Ma a proposito di femmine, adesso dico una cosa che in quanto tali potreste non capire: sono un cantautore impegnato sulla tre quarti”. Aiuto, parla di calcio. Tutti Fenomeni è un cantautore colto, ma anche anti-intellettualista. Lo provano gli abiti. Porta una felpina nera da più di ventiquattr’ore, reduce da un concerto a Trento, e non ha l’atteggiamento altero di chi ne sa.
Usa parole come “dissing” (l’insulto in musica rap che in passato ha scagliato contro i turisti a Roma) ma intanto cita Brodskij, il suo scrittore preferito: “con Brodskij ho capito che l’azione morale nasce dal gusto. Se un politico avesse letto dei bei libri, oggi, non potrebbe fare del male. Potrebbe fare cose cattive, ma non sbagliate”. Che differenza c’è? “Non lo so. Non sono una cattedra. Io mi convinco delle frasi, non delle tesi”. Allergico alle tesi, appunto, Tutti Fenomeni ha disertato Villa Mirafiori a otto esami dalla laurea in filosofia. “Non solo i libri ma anche i social mi stimolano. I miei versi nascono spesso dall’immondizia, dalla distrazione”.
A proposito di versi, una tua canzone comincia così: se respiri non è che vivi / meglio un morto che due feriti. Un’invettiva contro chi antepone il polmone alla vita? C’entra la pandemia? “Anche in quel caso avevo sbadatamente segnato una frase di Gennaro Gattuso che diceva: meglio due feriti che un morto. Ed è venuto fuori un testo. Per il resto, mi limito a dire che respirare non basta”. Criptico, dicono i suoi fan. Ed è vero perché anche se parla di sentimenti evita quello che definisce “lo storytelling sulle storie d’amore”, gli io amo te / tu ami me. “Il mio riferimento principale è Battiato, che canzoni d’amore non ne ha scritte mai. Se non in senso mistico. Poi preferisco cantare la morte e Dio. Ma non sono né religioso né spirituale: è sempre un fatto estetico”. Non sembra musica per tutti, la tua. “Forse. La mia non sarà per tutti, ma se seleziono musica di altri sono tutti curiosi. Come una volta al Liceo Virgilio, durante un’occupazione. Metto una canzone con una cassa in cortile e vedo scendere la ragazza più bella della scuola. Non mi aveva mai rivolto la parola. Allora si avvicina e mi chiede il titolo della canzone”. E tu? “Non te lo dirò mai, le ho risposto”. Non voleva gli storytelling sulle storie d’amore, ma questa del Liceo Virgilio è già una canzone sui giovani amori di Roma.