Roma Capoccia
Perché a Roma mancano le metro
Stanziati i fondi per completare la linea verde. Ma anche quando arriverà a Farnesina i chilometri di metropolitana nella capitale saranno ancora pochi. Un’analisi
L’attuale confronto, è noto, è impietoso. A Roma, uno dei comuni più grandi d’Europa, ci sono soltanto 59,4 chilometri di metropolitana, meno della metà dei 96,8 di Milano (che è 7 volte più piccola), o dei 294 di Madrid (che di Roma è la metà), dei 226 di Parigi o degli inarrivabili 405 chilometri di Londra. Un gap infrastrutturale noto al quale la giunta guidata da Roberto Gualtieri spera di riuscire a mettere mano seguendo le intenzioni programmatiche indicate nel Pums, il piano urbano della mobilità sostenibile. Il documento prevede nello scenario di piano, e cioè da qui al 2030, il completamento della metro C fino a Farnesina, la realizzazione della metro D da Talenti all’Eur passando per il centro e Trastevere, lo sfioccamento della linea A dopo Battistini, con quattro fermate tra Primavalle, Torrevecchia e Monte Mario, quello della B in entrambe le direzioni: verso est fino a Casal Monastero, a nord fino a Colle salario. Infine, la trasformazione delle ferrovie urbane Roma-Lido e Roma-Montebello (fino al cimitero di Prima Porta per intenderci) in metropolitane: le linee E ed F.
Una prima notizia positiva è arrivata alcuni giorni fa, con lo stanziamento in legge di Bilancio di 2,2 miliardi per completare entro il 2032 la linea C fino alla Farnesina. Ma anche quando tutto il Pums sarà realtà (un futuro quanto mai incerto) Roma arriverà “solo” a 136,6 chilometri di metropolitane. Se si tolgono le linee già in funzione, ma convertite in metro (Roma-Lido e Roma-Montebello appunto) si scende a circa 100 chilometri, 40 in più di oggi. Un traguardo che può sembrare eccezionale, ma non abbastanza da fornire a Roma quella capillarità infrastrutturale presente nelle altre grandi capitali europee. Viene da domandarsi: come mai neanche in un documento programmatico si pensa di realizzare più linee? “Ci sono almeno tre motivi”, ci spiega Riccardo Pagano, coordinatore di Metro x Roma, un comitato di cittadini ed esperti appassionati di trasporto pubblico nato nel 2011. “Da un lato – dice – c’è una carenza di risorse tecniche: il dipartimento Mobilità del Comune è stato progressivamente smantellamento, oggi conta circa un terzo dei dipendenti e dei dirigenti che c’erano nel 2000, e così si finisce inevitabilmente a concentrarsi sul minimo indispensabile, e cioè sulle infrastrutture essenziali, come la metro C”. “Dall’altro – prosegue Pagano – all’interno del Pums è stata fatta la scelta di riempire i buchi che rimangono sulla mappa di Roma con una rete di bus express e tramvie, che però non posso garantire la stessa rapidità ed efficienza di una metro leggera, non un’infrastruttura come la A o la C, ma metro più piccole in grado però di servire quella domanda, superiore ai 3mila utenti l’ora ambo i sensi, ma inferiore ai 24mila delle metro pesanti, in modo più efficace e soprattutto credibile”.
D’altronde quanto è credibile pensare che un numero sempre crescente di cittadini cambi due o più autobus o cammini due chilometri a piedi per arrivare alla più vicina stazione della metropolitana? “Con una rete su ferro integrata invece il discorso sarebbe diverso”, dice Pagano. Basterebbe guardare la mappa di Roma anche con le linee C e D per capire che i buchi non mancherebbero lo stesso (o meglio sarebbero riempiti da lunghissime tramvie). “Ci sono moltissime linee che potrebbero essere servite invece da infrastrutture di questo tipo”, dice Pagano. “Lungo alcune consolari, come la Nomentana, o tangenzialmente, ad esempio tratte come Prati-Parioli-Trieste o Primavalle-Colli Portuensi-Eur”. Anche il costo non sarebbe eccessivo. Una metro del genere è stata costruita a Brescia – 13,7 chilometri, 17 fermate – con 900 milioni di euro, solo 100 in più di quelli che a Roma serviranno solo per realizzare la stazione Venezia della metro C. Metro del genere avrebbero notevoli vantaggi. “Il principale – spiega il coordinatore di Metro x Roma – sarebbe quello di garantire a Roma l’isotropia di rete, che tecnicamente significa offrire valide alternative in caso di guasto o manutenzioni necessarie, per dare agli utenti la garanzia preventiva di non rimanere a piedi. Lo vediamo bene oggi con la metro A che chiude alle 21, per tanti è un disincentivo, perché oggi mancano queste alternative". Nel Pums oggi si prevede anche l'automazione integrale di A e B, un modo per portare su queste linee un numero ancora maggiore di utenti. "Ma questo – dice Pagano – oltre a creare costi aggiuntivi per l'adeguamento delle stazioni che risulterebbero troppo piccole, non risolverebbe il problema della rete anisotropa, come invece metro leggere anche parallele alle linee attuali potrebbero fare. Sono costi aggiuntivi di adeguamento molto elevati che potrebbe rendere più conveniente realizzare direttamente una nuova infrastruttura”. Uno degli ostacoli alla realizzazione delle metro, come insegna la storia della linea C, è il costo. “Le metro leggere invece – spiega il coordinatore di Metro x Roma – avendo un costo inferiore, fino a un miliardo di euro, possono essere realizzate in partenariato con aziende private attraverso project financing (per capirci il metodo con il quale Gualtieri conta di realizzare il termovalorizzatore, con il privato che sopporta il costo dell’opera, ma ne guadagna i proventi dalla gestione) o con i contratti di disponibilità (in cui è la Pa a gestire l’opera ma i proventi vanno al privato che l’ha realizzata”.