Roma capoccia
Due passi nel primo liceo senza voti d'Italia
A Roma, tra villini e palazzoni di Monteverde c’è una classe del Morgagni dove i professori non danno giudizi: l’invidia dei compagni delle sezioni normali
Il Paese dei balocchi è a Roma. Ed è il liceo scientifico Morgagni, il primo liceo senza voti d’Italia. E chissà mai non sia un’ossessione per l’incontaminato ad allignare da sempre nel quartiere romano di Monteverde… Un culto del primitivo che fra villini e palazzoni serpeggia e sfocia in via Fonteiana. In questa stessa strada dove, prima della fondazione del Morgagni, fra i Cinquanta e i Sessanta, abitò Pasolini. E chissà mai non siano, gli studentelli del liceo, eredi diretti dei “Ragazzi di vita”. Sempre selvaggi, com’erano loro. Ma pettinati. Avvolti in polo coi loghini e coi piedini dentro le Nike. Non più dediti a ruberie, giacché redenti dal miracolo sociale, eppure spinti, oggi, a rituffarsi in un mondo incontaminato. In un Eden senza colpe né meriti, senza più voti né più un’età. In questo posto che del liceo fa un asilo nido di secondo grado.
Qui dove il voto è sostituito dal dialogo, però, “asilo di secondo grado” non si può sentire. Qui si parla con tatto. Sia mai s’offendano questi dolci teenager che già non sopportano il voto, figurarsi la vita. Ossia quella cosa fatta d’abbandoni, contumelie, tradimenti, licenziamenti… Esami costanti. Ma no, questo non è l’asilo nido e loro non sono infanti. Sono solo ragazzi di vita, sì, ma delicata. Iscritti alla “Scuola delle relazioni e delle responsabilità” (denominazione ufficiale del liceo: prossimo passo è scriverlo coi cuoricini sulle “i”) di cui è fautore Enzo Arte, il professore di Matematica e Fisica, redivivo Jean-Jacques Rousseau, che spiega come i voti scolastici creino ansia e competizione. Senza si vive meglio. E gli studenti, dicono i prof, “vengono a scuola col sorriso”. Abbiamo fatto così un giro in questa scuola dell’infanzia superiore. Giusto il tempo di una ricreazione in cortile. “Beati loro”, ci dice il sedicenne iscritto dai genitori in una sezione tradizionale. Beati loro? “Eccerto. Quelli sì che stanno nel chill. So’ tutti rilassati. Prendi un quattro e nun c’hai l’ansia de recupera’. E grazie che te piace veni’ a scuola”. Ragazzo sincero.
Sinceri anche noi, adesso. Quanti di noi avrebbero voluto strappare due minuti d’intervallo in più per imparare a flirtare e fumare in cortile senza scottare d’ansia per quell’acida magari pure un po’ somara? Quella che apriva a caso la Commedia e diceva “commenta” e più che Dante c’insegnava la vita. La megera cui abbiamo imparato col tempo a mangiar la testa, perché il voto serve anche a questo: a sapere che chi ti sta sopra spesso è una ciofeca. Ma così è la vita. E non fosse stato per bulli, spioni, pupe, secchioni, ruffiani e prof conformisti che ogni giorno c’insegnavano a cavarcela forse non avremmo imparato niente. Sicuramente non avremmo imparato a farci furbi, a farci fighe. A ben copiare e a leggere il paragrafo in più che la megera aveva detto “è facoltativo”.
Ma nel revival sessantottino dell’asilo di secondo grado la vita è un’altra cosa. Ancor prima di Montessori, viene appunto Rousseau. Si torna all’Emilio o al buon selvaggio. Al precettore che eviti correzioni puntigliose perché lo scolaro si corregga da sé: si auto e co-valuti coi compagni di classe. Tanto le terzine del Paradiso le ricordiamo poco anche noi che a scuola andavamo solo per il voto, per flirtare e fumare in cortile. Ma, a proposito di reminiscenze, Rousseau non era quello che predicava il buon inselvatichimento del fanciullo – più o meno come il Morgagni – per poi praticare l’abbandono di cinque figli all’ospizio dei trovatelli? Ecco, speriamo che i liceali di Monteverde, dopo quest’Eden quinquennale, non si risveglino trovatelli anche loro. Scoprendo che l’esistenza non è una coccola. Non è autovalutazione, ma semmai autoconservazione. E sia tu buono sia tu cattivo più che i fiori ti tirano le pietre. E però la colpa non è mai di chi a quattordici anni vuol godersela finché dura: sono sempre i Rousseau che promettono mondi migliori e poi lasciano orfanelli esposti alle sassaiole del mondo. E le nostre megere saranno anche acide e un po’ somare. Ma sono pure quelle che le pietre ci hanno insegnano a schivarle. O a prenderle in petto con stile.