Roma Capoccia

Passeggiare nella Roma alchemica del Seicento, un libro

Andrea Venanzoni

Il libro curato da Maria Teresa Carani vuole rappresentare un ideale percorso che, dipanandosi per luoghi e biografie di personaggi attivi nel cuore della Città eterna nel Seicento, illustra il modo in cui l’alchimia è stata tenuta in vita

L’alchimia nella Roma del Seicento – Una passeggiata con i personaggi del tempo” è un agile e intenso volume edito da Aracne e curato da Maria Teresa Carani, il cui tema portante è una ricostruzione della Roma alchemica del XVII secolo. Le biografie professionali, di studio e umane, degli otto autori che hanno affrescato i quattordici capitoli in cui l’opera si articola, sono varie ma tutte con i piedi saldamente piantati nella scienza e nelle dottrine umanistiche: farmacisti, psicoterapeuti, chimici, filosofi, storici dell’arte.

 

Questo a rintuzzare subito la solita, stantia accusa di chi scorge nell’alchimia una bizzarria, una reliquia di tempi superstiziosi e immancabilmente bui che dovrebbe essere abbandonata a prender polvere. E in realtà, nella trasmutazione dei metalli e della materia albergava, filosoficamente e esistenzialmente, l’arte del mutare sé stessi, come insegnava Paracelso, prontamente citato in esergo.

 

Altra caratteristica assai degna di nota è la connessione tra gli studi condotti e riprodotti nel volume e il Museo storico nazionale dell’Arte sanitaria, che ha sede sul Lungotevere in Sassia e che si raccomanda davvero di visitare: nel Museo, tra le varie cose degne di menzione e di visita è riprodotto un laboratorio alchimistico, con tutta la parafernalia utilizzata dai praticanti dell’Ars Regia, che va ricordato suscitò il grande e vivo interesse della Regina Cristina di Svezia, dei Savoia, di Sir Isaac Newton che il buon Keynes proprio per questo ebbe a definire l’ultimo dei maghi.

 

Il libro vuole rappresentare un ideale percorso che, dipanandosi per luoghi e biografie di personaggi attivi nel cuore della Città eterna nel Seicento, illustra il modo in cui  l’alchimia è stata tenuta in vita.

 

Dopo una introduzione di taglio storico, utile per contestualizzare l’ambiente politico e religioso di Roma in quegli anni, le pagine ci immergono nei luoghi degli Alchimisti. Potrebbe destare una qualche sorpresa scoprire come molti di quei palazzi e di quelle piazze siano ancora oggi connessi alle figure del potere: Villa Ludovisi, ove aveva sede la “distilleria”, ovvero il laboratorio alchemico, del Cardinale Francesco Maria del Monte, Villa Gentili-Dominici, la famosa Villa Palombara di piazza Vittorio abbattuta nel XIX secolo ma di cui permane memoria attraverso la Porta alchemica, il Quirinale ove, nell’area che oggi ospita le Scuderie del Quirinale, vennero rinvenuti il tempio della divinità sincretica Serapide e le statue del dio egizio Bes.

 

Un’altra parte del volume si sofferma invece sul laboratorio dell’alchimista, sugli strumenti utilizzati, come l’Atanor, il forno dalla fiamma sempre accesa e con cui venivano realizzate le operazioni chimiche e metallurgiche sui metalli, sulla presenza di animali impagliati cui erano ricondotte proprietà straordinarie, sul senso profondo della ricerca.

 

Vi è poi una essenziale ricostruzione storico-biografica delle quattro più notevoli figure alchemiche della Roma del Seicento: il Cardinale Francesco Bourbon Maria del Monte, che fu uno dei maggiori committenti di Caravaggio, la Regina Cristina di Svezia che radunò attorno a sé un ampio cenacolo di pensatori, filosofi e alchimisti, il Marchese Massimiliano Palombara e il misterioso Giuseppe Francesco Borri.

 

L’ultimo capitolo, infine, ‘dall’alchimia alla chimica’ analizza le profonde connessioni e le divergenze, cognitive e metodologiche, tra alchimia e chimica: senza dubbio alcuno, il cammino di entrambe fu profondamente connesso e molti degli strumenti utilizzati dagli alchimisti entrarono nel lessico e nel background dei chimici. 

 

Sia la alchimia sia la chimica, inoltre, si basavano sulla logica del laboratorio e sulle acquisizioni esperienziali.

 

Diversi però erano i presupposti alla base di questi due ambiti: l’alchimia era scienza ermetica e filosofica che utilizzava assunti scientifici, specialmente a partire dall’opera di Paracelso, per fini oltre-umani, mentre la allora emergente chimica si configurava come una scienza pura.

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