Félix Guattari

Roma Capoccia

Alla galleria Interzone la mostra su “Ritournelles” di Félix Guattari

Andrea Venanzoni

L'esposizione in via Macerata 46 offre precisi riferimenti concettuali, rimandando a un immaginario sulfureo e saturnino alla William S. Burroughs. Nello stesso filone si ascrive anche una recente pubblicazione della Luiss, “Uiq”

Quando Gilles Deleuze venne a conoscenza dell’esistenza del breve e straniante testo “Ritournelles” di Felix Guattari lo definì un’opera strana e toccante. E l’opera, pubblicata postuma nel 1999, sette anni dopo la morte del suo autore, prima in Francia e poi arrivata in Italia per i tipi di Mimesis, e ora nuovamente tradotta e pubblicata in edizione limitatissima, è un librettino che mescola autobiografismo poetico, flusso di coscienza, decostruzionismo post-narrativo, memorie schizoidi, assai difficile da identificare e da far collimare con un qualche genere letterario. Non può quindi stupire che ad ospitare una mostra visuale e fotografica ispirata a questo testo sia una galleria capitolina che già dal nome, Interzone, situata in via Macerata 46, incuneata tra Pigneto, Prenestina e Casilina, tradisce precisi riferimenti concettuali, rimandando al sulfureo e saturnino immaginario di un William S. Burroughs.

 

La mostra nel caso di specie è “La caduta della R: uno studio su Ritournelles di Félix Guattari”, un progetto fotografico, musicale, performativo, metaletterario di Michele Corleone e Antonia Gozzi, i quali partono dalla analitica e capillare decostruzione del testo guattariano per proporre un autentico, complesso percorso di comprensione dell’universo espressivo e interiore del filosofo francese. Inaugurata il 23 gennaio scorso, nell’ambito del più ampio, e internazionale “Guattari+30”, curato da Chaosmosmedia, ‘la caduta della R’ si inserisce a buon diritto in un autentico revival guattariano, che va a pescare negli inediti e nella riproposizione, spesso detournata, delle opere meno conosciute del filosofo e psicanalista francese, che fu complice e sodale di Gilles Deleuze.

 

Nello stesso filone va ascritta anche la pubblicazione della curiosa e distopica sceneggiatura criptocyberpunk, curata dalla Luiss University Press, che va sotto il nome di “Uiq”, che avrebbe dovuto, nella mente di Felix Guattari, costituire punto fondante di un film di curiosissima fantascienza. Un amour d’Uiq e che ad oggi invece ci si dipana davanti gli occhi come un frammento psichedelico e vorace di riflessione sulla digitalizzazione dell’esistente e sulla pervasività dell’alta tecnologia, in maniera ben più che meramente biopolitica. La mostra alla Galleria Interzone continuerà ad essere aperta fino a fine marzo. E dicevamo dell’assonanza tra oggetto della mostra e concetto sotteso alla location, questa galleria che riprende nel nome un testo che Timothy Leary in un capitolo di “Caos e Cibercultura” definì “arte guerrigliera”, quell’Interzona di Burroughs, caleidoscopico ensemble di frammenti narrativi, guizzi lisergici e idee in frantumi che avrebbero poi costituito la gemma da cui far germogliare i capolavori più noti di Burroughs. La triangolazione galleria-Burroughs-Guattari non è casuale, né uno scherzo faceto del caso, o del caos, ma un dato strutturale; perché Felix Guattari nella composizione del suo poema narrativo biografico e schizoide fece ricorso massivo al flusso di coscienza, specie nella sua declinazione burroughsiana.

 

La mostra costituisce la prima tappa di un più articolato progetto che ambisce a dare cittadinanza al mondo interiore e psichico di Guattari. Le foto stesse sottolineano il ritrovamento sincronico di oggetti, lasciati o persi per via, ricontestualizzati e aperti al mondo cosmico come sigilli spezzati da un eccesso di volontà, o come forme simboliche, un uovo, un’ala di insetto, una pistola che sembra operare, questa, come interfaccia, per ovvie ragioni, con la storia umana di Burroughs. E se l’opera nasce da una sedimentazione e da una stratificazione di sincronie caotiche, di allitterazioni, con un’aura di immagini nutrite da derive psicoacustiche, la mostra stessa assumerà le forme cangianti di una fornace che illustrerà nel corso dei mesi evoluzioni e involuzioni del linguaggio guattariano, della sua poetica, con performance per voce e musica, reading declamatorio che consentirà di discendere nel baratro multiforme della mente di Guattari.

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