Roma Capoccia

Da Roma nuova grana per Schlein: la Ztl verde

Gianluca De Rosa

Giustizia ecologica o giustizia sociale? Per combattere l’inquinamento 400mila romani rischiano di restare senza auto

“Coniugare giustizia ecologica e giustizia sociale”. Per Elly Schlein questa frase è quasi un mantra. Il salvifico “Nam myoho renge kyo” del nuovo Pd. E allora la segretaria dem farebbe bene a vedere quello che sta succedendo nella capitale. Ieri sotto palazzo Senatorio erano in tantissimi. Tutti contro quello che hanno definito “il delirio eco-chic” del sindaco Roberto Gualtieri: la nuova Ztl verde “che lascia i romani poveri a piedi”. 

 

La portata del provvedimento è questioni di numeri. Centomila sono le firme raccolte dal capogruppo capitolino della Lega Fabrizio Santori contro la delibera approvata lo scorso novembre dalla giunta Gualtieri. Quasi quattrocentomila, invece, le auto che entro due anni non potranno più né circolare, né sostare nella nuova Ztl verde, un cerchio di 21 chilometri quadrati intorno alla quale saranno installati 51 varchi d’accesso dotati di telecamere. Il primo divieto dovrebbe scattare nel novembre del 2023 con lo stop alle auto diesel euro 4.  L’anno successivo si aggiungeranno anche i motori diesel euro 5 e  benzina euro 3. A queste si sommano le circa 270 mila auto ancora più vecchie che non potrebbero circolare già dal 2019. Un divieto fittizio perché, come ricordava ieri il sindaco Gualtieri – polemizzando con l’ex inquilina di palazzo Senatorio Virginia Raggi di cui ha lodato il “genio italico” – i varchi d’accesso per sanzionare gli eventuali trasgressori non sono mai stati installati. Si tratta di veicoli vetusti, immatricolati fino al 2011, ma che rappresentano comunque quasi il 40 per cento delle auto immatricolate nel comune di Roma. Mezza città a piedi, costretta ad acquistare una nuova auto, o, attenzione, a sfidare il destino: usare il trasporto pubblico.

 

Contro il provvedimento si sono schierati praticamente tutti. Non solo i partiti di centrodestra che chiedono lo stralcio della delibera. Ma anche il Terzo polo, i grillini  e persino la maggioranza. La sinistra civica ha invitato Gualtieri e l’assessore alla Mobilità Eugenio Patanè a rinviare l’applicazione delle nuove regole. Il gruppo Pd ha chiesto e ottenuto dal sindaco un ripensamento. Gualtieri ieri mattina in tv ha dichiarato: “Voglio dire alle persone di stare tranquille, di farci lavorare e darci tempo per presentare cambiamenti significativi alla delibera”. Ma la vicenda è piuttosto intricata. Come ha ricordato il primo cittadino, il provvedimento è stato varato in ottemperanza del Piano per il risanamento della qualità dell’aria, approvato dalla Regione Lazio lo scorso ottobre. Un testo che il ministero dell’Ambiente ha pretesto  per due procedure d’infrazione che la Ue ha aperto contro l’Italia nel 2014 e nel 2015 per lo sforamento sistematico nella capitale dei limiti, sia sui dati giornalieri che su quelli annuali, di due inquinanti, Pm10 e biossido di azoto. In quella delibera però è prevista una clausola di salvaguardia che, sulla carta, consente al comune di trovare soluzioni alternative. E’ su questo che Gualtieri, anche in seno al tavolo tecnico in Regione con il governatore Francesco Rocca, intende lavorare. “Se saremo in grado di dimostrare una riduzione equivalente possiamo cambiare queste restrizioni, appena sono arrivati i nuovi dati sulla qualità dell’aria ci siamo messi a lavoro”, diceva sempre ieri a favore di telespettatore.


Roberta Lombardi, la grillina ex assessore alla Transizione ecologica della Regione, che si occupò di varare quella norma suggerisce  prudenza: “Non penso si possa rinviare ancora, non ce lo permette l’Europa e ce lo sconsigliano i nostri polmoni”. “Già la giunta Raggi ci chiese di posticipare le nuove regole al 2030, ma la Ue disse no”, aggiunge. E ai suoi compagni di partito che ora sono contrari al provvedimento dice: “Evidentemente ignorano i passaggi che sono stati fatti in Regione, potevano fare una telefonata per capire la situazione e soprattutto potevano sollevare le loro osservazioni quando Raggi era sindaca”.


Eppure c’è chi un’alternativa la ipotizza. Il piano generale del trasporto urbano (Pgtu) lo prevede dal 2017. Si chiama Congestion charge. Dietro l’anglicismo di cela un meccanismo che, senza confondere la lotta all’inquinamento e la mobilità, può essere  efficace. Consente ai residenti di accedere con 150 permessi l’anno (scendono a meno della metà per i non residenti) all’area della città che si trova all’interno dell’anello ferroviario. Dopo, s’inizia a pagare. “In questo modo – spiega Riccardo Pagano del comitato Metro x Roma – non si costringono i romani ad acquistare un’auto nuova, ma a prendere i mezzi pubblici, bus compresi che, senza le auto, aumentano la loro velocità commerciale, si toglie così l’alibi a chi dice che non si può disincentivare l’uso dell’auto perché i mezzi non funzionano”