Roma Capoccia
I trent'anni dalla morte di Bombolo, maschera romanesca
Franco Lechner è stato ben più di un caratterista. Ha stemperato, giocando e duettando con Milian, la cappa cupa e larvatamente violenta di film che volevano rescindere il cordone ombelicale con quel cinema brutale e severo fatto di sbirri incorruttibili e dai metodi spicci, banditi spietati, giudici e istituzioni eccessivamente garantisti
Il volto commosso di Tomas Milian, ancora lo si può vedere su YouTube, in una intervista rilasciata su Rai1 nella quale ricordava il suo amico e compagno di set Bombolo. Nascosto tra le colonne della Chiesa della parrocchia di Santa Maria in Vallicella, Milian aveva atteso la fine del funerale di Bombolo per poi avvicinarsi al feretro e colpirlo gentilmente con un buffetto, ricordo del segno distintivo di un intenso rapporto lavorativo e umano tra l’ispettore Giraldi e il ladruncolo Venticello.
Franco Lechner, questo il vero nome di Bombolo, di origini germaniche disperse nel tempo e su cui lui stesso scherzava dicendo trattarsi di roba del Cinquecento, è scomparso nell’agosto del 1987. Giovane. Aveva solo cinquantasei anni.
Nato nel 1931, a Roma, nel centralissimo Rione Ponte, dove pure lavorava facendo l’ambulante specializzato in stoviglie e piatti, Lechner sarebbe divenuto attore, come spesso capitava all’epoca, per puro caso e nel nome di quell’inesausto scouting da parte di registi e sceneggiatori che spesso cavavano dal vivissimo tessuto umano di Roma i volti giusti per le parti da caratteristi. Nel suo caso, furono Pingitore e Castellacci a notarlo e a portarlo sul palco del Bagaglino.
Con saggezza tipicamente popolana, fatalista e disillusa, Bombolo non si montò la testa e rimase coi piedi per terra, tanto da aver continuato a lavorare come ambulante. Come ricorda Ezio Cardarelli che a Lechner ha dedicato un imperdibile volume biografico, “E poi ricominciatti a fa’ l’attore”, edito da Ad Est dell’Equatore nel 2014, Bombolo era solito esclamare “l’attore? Ma chi l’ha fatto mai? Me ne vado cor carrettino che è mejo”. Inutile dire che nell’immaginario la sua enorme popolarità è dovuta ai film di Bruno Corbucci, alla saga dell’ispettore Nico Giraldi e soprattutto al sodalizio con Tomas Milian.
Guance paffute e da schiaffi, espressione spesso stralunata, Bombolo è un partner perfetto per Milian che quando se lo trova davanti per la prima volta, durante le riprese di “Squadra antifurto”, stravolge la scena per come inizialmente scritta e fa ordinare a Bombolo, seduto in trattoria, una “pizza”.
Indimenticabile la gag “A cammerie’, è pronta sta pizza?”, seguita dal ceffone, primo di una lunghissima sequenza di altri schiaffoni che Milian gli avrebbe rifilato in ogni film girato assieme. Bombolo è divenuto un’autentica maschera attoriale romana, e definirlo caratterista sarebbe in fondo limitativo perché calato, con la sua mimica, la sua prossemica, la sua gestualità popolare e vissuta, nelle interazioni con Milian diveniva uno spettacolo nello spettacolo. E’ in fondo proprio a lui che dobbiamo l’addolcimento comico della saga di Nico Giraldi, Nico il Pirata che tanti, erroneamente, chiamano Er Monnezza, per quella connessione con i feroci poliziotteschi in cui Milian era stato davvero er Monnezza: Bombolo ha stemperato, giocando e duettando con Milian, la cappa cupa e larvatamente violenta di film che volevano rescindere il cordone ombelicale con quel cinema brutale e severo fatto di sbirri incorruttibili e dai metodi spicci, banditi spietati, giudici e istituzioni eccessivamente garantisti.
A partire proprio dal mantra “tsè tsè”, piagnucolante risposta a ogni sganassone incassato e divenuto ad altissimo contenuto memetico oltre che tentazione per repliche, più o meno riuscite, più o meno rispettose, da parte di altri comici romani. A partire dal 1986, le condizioni di salute di Bombolo peggiorarono drasticamente, dopo un attacco di meningite che lo aveva duramente provato. Visibilmente smagrito e sofferente, fece le sue ultime apparizioni pubbliche, tra cui anche la manifestazione anti-fast-food di Piazza di Spagna, dell’aprile 1986.
Agli inizi di maggio dello stesso anno, calcò per un’ultima volta le assi del palco del Salone Margherita, con il Bagaglino. In quella occasione, dovettero aiutarlo a salire. Oggi riposa al Cimitero Flaminio, e svetta sulla tomba l’iconica scritta “Ciao Bombolo, core de Roma”.