Roma Capoccia

Da San Lorenzo a Balduina: pantani urbanistici

Gianluca De Rosa

Altro che rigenerazione urbana: il complesso dove fu uccisa Desirée è ancora abbandonato. E nel quartiere di Roma Nord c'è un cantiere fermo da anni. Le due storie

Il complesso dove fu uccisa Desirée  è ancora abbandonato 

San Lorenzo è ancora un quartiere pericoloso. Due giorni fa tre ragazzi sono stati accoltellati da un 35 enne somalo a colpi di forbici, uno di loro è ricoverato in modo grave. D’altronde, il quartiere è da tempo diventato un ottimo esempio del degrado capitolino e delle sue conseguenze nefaste. Nell’ottobre del 2018 Desirée Mariottini, 16 anni, fu stuprata e uccisa all’interno di un complesso edilizio abbandonato in via dei Lucani. Quello spazio, quel vuoto urbano di officine e capannoni ormai da anni nel degrado, divenne il simbolo di ciò che non andava nel quartiere. La giunta capitolina, guidata allora dalla grillina Virginia Raggi cercò dunque di presentare un progetto di riqualificazione urbana, anche se solo 1.500 metri quadrati degli oltre 12 mila erano e sono di proprietà comunale, mentre il resto degli stabili e delle aree prsenti sono divise tra una decina ti privati. L’allora assessore all’Urbanistica Luca Montuori provò a riunirli cercando di convergere su un progetto unitario che coinvolgesse almeno il 75 per cento dei proprietari, ma l’intesa non fu trovata. Fu così che il comune fece una promessa enorme: esproprieremo i privati e riqualificheremo l’area. Botteghe artigiane, studi d’artista, un intero edificio con piscina, palestra e playground sul tetto. Si sognava in grande. Nel 2021 fu anche approvata una delibera di giunta per avviare il percorso, ma il provvedimento, causa fine mandato, non arrivò mai in Assemblea capitolina, divenendo  inefficace. Il sindaco Roberto Gualtieri e l’assessore all’Urbanistica Maurizio Veloccia, dopo aver studiato il dossier, hanno deciso di abbandonare il progetto. E l’area è rimasta tale e quale al giorno in cui fu uccisa Desirée. A Luca Montuori che oggi è tornato ad insegnare Progettazione a Roma Tre la scelta non è andata giù: “Sono deluso – dice al Foglio – si sta lasciando la palla in mano ai privati che hanno avuto la responsabilità di lasciare così quel complesso per tanti anni, il nostro progetto era pronto, alla giunta Gualtieri sarebbe bastato portarlo avanti senza temere ricorsi: visto quello che è accaduto lì dentro i presupposti per l’esproprio c’erano”. Non è d’accordo la presidente del II Municipio, la dem Flavia Del Bello: “Quel progetto – spiega – è stato accantonato per ragioni che condivido: innanzitutto l’esproprio costerebbe 22 milioni di euro, inoltre, comune e municipio non hanno le risorse pubbliche per gestire gli spazi che erano stati previsti, ma, soprattutto, i ricorsi sarebbero fioccati  lasciando la situazione così com’è”. Anche così  le cose non sembrano cambiate. Dal municipio e dal Campidoglio però lasciano intendere che una soluzione potrebbe essere alle porte. I privati che si dividono la proprietà dell’area si sarebbero consorziati e sarebbero pronti a presentare un nuovo progetto comune sfruttando la legge sulla rigenerazione urbana. La proposta, attesa nelle prossime settimane dal dipartimento urbanistica del comune, attraverso lo strumento dei permessi a costruire convenzionati, prevedrebbe la realizzazione di appartamenti (ovviamente non previsti dal piano della precedente giunta che aveva come presupposto l’esproprio). In convenzione, i proprietari si impegnerebbero a realizzare spazi per gli artigiani, una piscina, e gli standard urbanistici (e cioè parcheggi e verde pubblico). Un progetto più piccolo, ma, si ritiene, più fattibile. In attesa di capire se questa proposta arriverà davvero o meno al dipartimento urbanistica del comune a via dei Lucani non è cambiato niente, e a San Lorenzo si continua ad accoltellare.

 

“Quei piani in più si potevano fare?” Storia di un cantiere fermo 

 

Vi ricordate la frana della Balduina? Era il 14 febbraio del 2018 e a via Livio Andronico crollò all’improvviso la strada inghiottendo sette automobili parcheggiate, anche se, per fortuna, nessuno si fece male. A franare fu la porzione di strada che si affacciava su un cantiere allora appena avviato, quello della EcoLattanzio Srl. La società stava costruendo tre nuove palazzine dopo aver demolito l’ex istituto Santa Maria degli Angeli, un complesso scolastico ormai in disuso. Dopo il crollo, il cantiere fu sequestrato (ma l’indagine sulla responsabilità dell’accaduto è ancora alla fase del dibattimento). Passati alcuni mesi la procura dissequestrò il cantiere. Da anni ormai alcuni appartamenti sono stati consegnati agli acquirenti, ma i lavori non sono ancora terminati. La vicenda ha contorni surreali e iper burocratici in un mix letale di sciatteria pubblica e spregiudicatezza privata. Su due delle tre palazzine infatti la società ha provato a costruire alcuni piani in più rispetto a quelli previsti dal permesso originale. Su una è stato completato il quarto piano, mentre sulla seconda sono stati solo iniziati, con l’innalzamento dei piloni, i lavori per costruire due piani aggiuntivi. Non si sa se gli appartamenti dislocati sui piani in più siano stati venduti o meno, ma se così fosse chi ha acquistato è rimasto fregato: la Procura ha sequestrato per abuso edilizio i piani aggiuntivi.

La società voleva approfittare della legge per la rigenerazione urbana, approvata dalla Regione Lazio solo a cantiere avviato, per alzare le palazzine. Presentò così al dipartimento urbanistica del comune di Roma una domanda di variante per usufruire delle premialità aggiuntive (i piani in più) previsti dalla nuova normativa regionale (in mix con le precedenti agevolazioni) per un progetto di demolizione e ricostruzione. Solo che, alla data della presentazione di domanda della variante, non c’era ormai più nulla da demolire. Dal dipartimento comunque la risposta tardava ad arrivare e la società ha deciso  di interpretare il ritardo come un silenzio assenso. Soltanto che il Campidoglio – davanti all’istanza di conclusione del procedimento per silenzio assenso – ha espresso il suo diniego: la società non poteva usufruire di quella ulteriore premialita. Ne nasce, inutile dirlo, un contenzioso. Nel 2020 il Tar dà ragione al Campidoglio. Si va al Consiglio di Stato. Intanto, i piani aggiuntivi vengono sequestrati. I giudici di Palazzo Spada a novembre 2022 confermano l’impossibilità di utilizzare il silenzio assenso per usufruire della variante e come la presenza di un edificio da demolire alla data della presentazione della domanda fosse un requisito imprescindibile per accedere ai benefici della rigenerazione urbana. Inoltre, però, il Consiglio di Stato annulla, a causa della sua genericità, il diniego alla variante in corso d’opera emesso dal comune e invita Roma Capitale a iniziare un nuovo procedimento. Ebbene da allora dal comune non si è saputo più nulla. Dal novembre del 2022 sia i costruttori sia i cittadini del comitato “crollo della Balduina”, seppur augurandosi esiti opposti, chiedono al Campidoglio di esprimersi. Ma dal dipartimento urbanistica non è ancora arrivata nessuna risposta, lasciando nel quartiere una situazione completamente impantanata a danno dei residenti, degli acquirenti e della società.”Non è chiaro perché il Comune non abbia il coraggio di emettere un provvedimento di diniego, avendo tutti gli elementi per farlo, e con uno stato dei luoghi oggetto di abusi. L’assessorato cosa fa?”, dice Lorenzo De Santis, consigliere Pd e presidente della commissione urbanistica del municipio.