Roma Capoccia
Sul Giappone non tramonta mai il Sole
Altro che stanchezza, i romani frequentano sempre più i ristoranti di sushi e non solo. E intanto i locali si fanno più trendy e ricercati
Se in città ci sono mode gastronomiche che prima o poi passano, ci sono anche quelle che sembrano non tramontare mai, anzi hanno sempre più successo. Parliamo della cucina giapponese che, dopo una prima fase di scoperta, una seconda segnata dal proliferare dei finti all you can eat (coi cinesi dietro i fornelli), ora sta vivendo una terza fase, quella della ricerca della qualità e delle cucine regionali. A conferma del successo bastino due dati. Uno: alcuni ristoranti italiani propongono anche piatti di sushi, molto richiesti specialmente tra i giovanissimi. Le Serre, per esempio, locale assai frequentato a Roma Nord, nel suo menù offre anche buoni piatti della cucina nipponica. Due: da qualche anno proliferano i corsi di cucina del Sol Levante. Così, se Milano è la capitale della cucina giapponese in Italia, Roma gli sta dietro e, a volte, la supera in qualità.
“Si può dire che la cucina giapponese ormai è entrata a far parte delle nostre abitudini. In prima fila ci sono i giovanissimi, perché i piatti sono colorati, divertenti, componibili, con i nipoti che la domenica portano i nonni a mangiare sushi e sashimi. Poi gli adulti, specie i professionisti, perché è un tipo di cibo che all’apparenza è più leggero e digeribile”, spiega Jacopo Giacomini, titolare di Hiromi La Maison (in zona Porta Pia), ma che in città ha altri locali come Hiromi Cake, Okasan e Otosan. “Vero che ora si cerca l’alta qualità e pietanze più particolari, per esempio in due locali io propongo la cucina del Kansai, la zona di Osaka, dove c’è quasi più cotto che crudo. Diciamo che il sushi sta alla cucina giapponese come la pizza a quella italiana: non mangiamo pizza tutti i giorni. C’è un mondo da scoprire”, continua Giacomini.
I ristoranti sono tanti e non è facile districarsi. Ci sono quelli storici, dove si va sempre sul sicuro, come Hamasei, Zen Sushi, Taki e Hasekura. E ci sono nuovi nati, che spingono parecchio, come appunto Hiromi; il gettonatissimo Sushisen, dove è divertente cenare al kaiten; Kiko Sushi Bar al Verano, col cuoco in vestito e infradito tradizionali; Kohaku, che propone la cucina Kaiseki; Umami, una vera trattoria made in Japan. Ci sono poi i “luxury”, quelli assai scenografici, che vanno bene per fare colpo, come Zuma, sulla terrazza di Palazzo Fendi, e Finger’s, che dopo Milano ha aperto a Roma, con la cucina nippo-brasiliana dello chef Roberto Okabe. Poi c’è il gran successo del ramen (la zuppa coi noodles), con locali come MaMa-Ya Ramen (Ostiense) e Waraku (Prenestina). Ma va molto anche il sake, più richiesto del vino. “Le opzioni oggi sono tante: chi cerca la vera cucina giapponese può trovare un’esperienza elegante, figlia di un patrimonio gastronomico ricco di gesti e cultura, prova ne sia la diffusione dei ristoranti che propongono l’omakase, una degustazione dove si lascia mano libera allo chef. Al contempo, è possibile finalmente anche imbattersi nella cucina quotidiana e corroborante, in locali ispirati alle izakaya, sorta di osterie diffuse in Giappone”, osserva Pina Sozio, curatrice della Guida Sushi del Gambero Rosso. Last but not least: il pesce del Mediterraneo è molto meglio di quello del Mar del Giappone: su questo abbiamo un vantaggio in più.