Roma Capoccia

La riforma che manca, quella di Roma Capitale

Gianluca De Rosa

Era la terza gamba, con autonomia e presidenzialismo, del trittico di riforme sognato dalla maggioranza. Priorità assoluta di Meloni, doveva viaggiare insieme al ddl sull’autonomia, ma per adesso non c’è un testo. E anche in FdI iniziano i primi malumori

 Quando non era ancora a palazzo Chigi, per Giorgia Meloni era una priorità assoluta. Nel 2020 fu lei la prima firmataria di un ordine del giorno alla manovra per impegnare il governo ad approvare al più presto la riforma di Roma Capitale. Un cavallo di battaglia del partito dei patrioti. Oltre a quello, l’allora parlamentare di FdI aveva presentato anche un emendamento alla legge di bilancio per l’istituzione di un fondo da un miliardo di euro per il trasferimento dei poteri al comune. “Roma deve avere lo status che merita”, era la parola d’ordine. All’opposizione Giorgia Meloni era la più strenua sostenitrice in parlamento degli interessi della capitale. “Arrivata a palazzo Chigi, almeno per adesso, sembra essersene dimenticata”, dice al Foglio Svetlana Celli, presidente dell’Assemblea capitolina e consigliera del Pd. “Con la riforma costituzionale per Roma, che darebbe alla città i poteri che  tutte le altre capitali europee hanno, è necessario fare in fretta, FdI lo aveva promesso durante le elezioni, ora sono al governo, e allora si dovrebbero muovere”. Premierato, autonomia differenziata… e Roma?

Dov’è finita la terza gamba della grande stagione di riforma promessa da Giorgia Meloni? Anche dentro FdI qualcuno comincia a chiederselo. Soprattutto nella compagine capitolina del partito tutti ricordano che il provvedimento doveva essere collegato all’autonomia, un provvedimento che ai dirigenti romani di FdI piace poco e che fa felici “solo i fratelli del Nord”. E però se il ddl Calderoli ha già cominciato il suo iter in commissione Affari costituzionali al Senato, della riforma di Roma nessuno sa niente. Si vocifera dell’intenzione del governo di presentare un proprio testo, senza lasciare l’iniziativa ai parlamentari, sullo stesso schema di quanto fatto con il premierato. In Campidoglio si preferisce attendere prima di commentare. Anche tra chi è vicino al sindaco Roberto Gualtieri c’è chi spera che venerdì, quando in Consiglio dei ministri arriverà proprio la riforma sul premierato, possa esserci una sorpresa. Chissà. 
“D’altronde – dice Riccardo Magi, deputato di +Europa sempre attentissimo alle questioni romane – questa, tra quelle promesse da Meloni, è la riforma che manca. Certo visto i pasticci che la maggioranza sta facendo con il premierato un po’ forse è il caso di preoccuparsi, visto che la riforma di Roma è questione molto più complessa, poco ideologica e che riguarda come devono interagire comune, città metropolitana e municipi”.

Una cosa è certa. Nella scorsa legislatura una maggioranza trasversale aveva già espresso un primo voto per avviare il percorso di riforma. Il testo base, elaborato da Anna Grazia Calabria (FI) e Stefano Ceccanti (Pd) e composto di soli due articoli, era stato votato nell’aprile del 2022 da i parlamentari di tutti i partiti. Prevedeva una modifica dell’articolo 114 della Costituzione che avrebbe dotato Roma della stessa potestà legislativa di cui godono le regioni (e quindi relativamente alle stesse materie, con la sola eccezione della salute) e la possibilità per Roma di “conferire con legge le proprie funzioni amministrative ai municipi”.


Pochi mesi più tardi però il governo cadde e della riforma non se ne fece niente. “Perché non ripartire proprio dal quello?”, si chiede oggi la presidente dell’Assemblea capitolina Svetlana Celli. E’ un ipotesi che non esclude anche Andrea De Priamo, senatore di FdI in commissione Affari costituzionali a palazzo Madama. “Questo governo è stato molto attento a Roma, penso al supporto eccezionale per Giubileo e ai fondi stanziati per arrivare finalmente al completamento della metro C, il passaggio successivo spero e credo che sarà quello di approvare, dopo la fondamentale riforma istituzionale, anche quella per dotare Roma dello status che merita e che rientra, insieme all’autonomia, in una complessiva riforma dei poteri dello stato sui territori, partire dal testo approvato nella scorsa legislatura potrebbe essere una buona idea, ma vediamo cosa farà il governo”. 

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