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Cristiani perseguitati e lotta alla cultura della morte. Le parole d'altri tempi di mons. Grusas
Dopo il clamore suscitato dal terribile caso della piccola Indi Gregory, dalla plenaria dei vescovi d'Europa arriva la denuncia del monsignor Gintaras Grusas contro la dilagante tendenza europea a preferire la morte alla vita
Significative le parole che il presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, mons. Gintaras Grusas, ha pronunciato introducendo i lavori dell’assemblea plenaria che si chiude oggi a Malta. “Va ricordato anche che il cristianesimo è la religione più perseguitata al mondo” e “nonostante queste difficoltà, siamo chiamati a compiere la nostra missione, proclamando il Vangelo e difendendo la dignità dell’essere umano dovunque sia messa a rischio. Una menzione speciale, in questo senso, va fatta riguardo le questioni della vita. Il caso di Indi Gregory, la bambina inglese cui sono stati staccati i supporti vitali contro il parere dei genitori, ha colpito l’attenzione di tutto il mondo”.
“Il caso fa seguito a tante altre storie analoghe, seppure con le loro differenze cliniche. Non si tratta di casi isolati”. Mons. Grusas ha denunciato le “sempre più forti le pressioni per garantire un presunto diritto all’aborto”, quindi ha parlato di una “tendenza europea” che “sembra ormai definita, in un piano inclinato che porta sempre più da una cultura della vita ad una cultura della morte. Non possiamo non menzionare la legge sull’eutanasia approvata in Portogallo proprio nei mesi che hanno preceduto la Giornata mondiale della gioventù, mentre in Olanda, sempre quest’anno, l’eutanasia è stata ammessa anche per i bambini al di sotto dei 12 anni”. Parole d’altri tempi, verrebbe da dire.