Roma Capoccia

“Roma si può governare, ma le va riconosciuto il suo ruolo”. Parla l'ex sindaco Ignazio Marino

Gianluca De Rosa

Le due ricette del marziano tornato a fare il chirurgo: riconoscere a Roma il doppio ruolo di comune e capitale e sfoltire le funzioni dell'amministrazione affidando più cose ai privati

“In tanti lo ripetono spesso ‘Roma è ingovernabile’, io non ci credo”, dice Ignazio Marino, ex sindaco della Capitale tornato, dopo l’esperienza in Campidoglio, negli Usa a fare il suo vecchio lavoro, il chirurgo. Eppure anche il sindaco marziano ebbe non poche difficoltà ad affrontare la burocrazia (e la politica) capitolina. Dopo la sconfitta all’Expo la città è tornata al centro del dibattito per i suoi problemi e inefficienze. “Roma non è una metropoli ordinaria – ammette Marino – perché insieme a tutte le esigenze di una città moderna (trasporti, raccolta e smaltimento dei rifiuti, scuole, decoro urbano, sicurezza) ha anche la responsabilità di ospitare migliaia di grandi eventi laici e religiosi. Ma la città storica, che è anche sede  delle istituzioni, è un villaggio di 150 mila abitanti. Mentre Roma ha oltre 4 milioni di cittadini che necessitano dei servizi per una normale qualità di vita”. Come fare dunque? Servono i generali, serve una guerra per Roma, come ha detto a questo giornale Sabino Cassese? “Detesto il sostantivo guerra”, dice Marino. “Si può cambiare. La mia amministrazione in soli 28 mesi realizzò un cambiamento radicale nella raccolta differenziata. In 28 mesi completammo 17 nuovi chilometri di metropolitana, inaugurando la linea C. Sono cose che abbiamo fatto senza guerre. Ma esiste un’altra questione: il ruolo di Capitale che ospita lo Stato del Vaticano e centinaia di ambasciate. Studiando questi argomenti con Anne Hidalgo, sindaca di Parigi e Edward Lister, vicesindaco di Londra, appresi che Parigi riceve una somma aggiuntiva che sfiora il miliardo di euro e Londra quasi due miliardi di euro all’anno per le loro rispettive funzioni di capitale. Io ottenni che nella legge di stabilità votata nel 2014 fosse inserita per la prima volta una voce che riconosceva a Roma questi costi. Ci diedero solo 100 milioni, noi ne avevamo stimato 400. Ma almeno il principio venne riconosciuto. Su quella strada bisgona continuare: far coesistere in città il comune e la capitale”.

 

L’ex sindaco ha anche una seconda convinzione: Roma deve fare meno cose. “Diverse attività – dice – debbono essere svolte dai privati. Quale logica giustifica che Roma debba possedere e gestire una centrale del latte, un centro fiori, un centro carni, una compagnia di assicurazioni o gli affitti di centinaia di appartamenti residenziali? Nonostante l’opera di disboscamento da me fatta dopo due anni mi capitava di scoprire ancora minuscole partecipazioni in aziende prive di senso strategico per la città”. (Gdr)

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