Roma Capoccia - la tradizione abbandonata

Il ritorno del Picchiapò

Giovanni Battistuzzi

Il piatto romano dei poracci nelle osteriole sparì con il benessere, è riapparso in trattoria (ma con la carne bbona)

Asaperlo fatto coi pezzi di carne bbona Giuseppe Pierozzi, che fu attore raffinato e poi per necessità caretterista del cinema che dal muto passava al sonoro, sarebbe rabbrividito. Che il Picchiapò non lo si faceva certo con la carne bbona. Ci andavano i pezzi grassi, nervosi, tutti in pentola a bollire per il bollito della domenica, perché il bollito lo si mangiava la domenica, anche a casa. Di cucine a Roma, tra l’Ottocento e il Novecento, ce ne erano poche nelle case e di stufe ancor meno, però un fornelletto a volte sì e lì si bolliva. E la carne in città era a buon prezzo con tutti quei vaccinari (i conciatori) che c’erano. Carni di scarto ovviamente, da bollire, che quella bbona se la mangiavano i signori.

Il Picchiapò appariva il lunedì sulle lavagnette delle osteriole e lì ci restava fino a quando ce n’era più nel pentolone. Si prendevano i resti li si sfilavano con le mani e via di pomodoro sedano cipolla e poi quello che ci andava, che era segreto di stato, e ogni cuciniere c’aveva il suo. Non c’era un tempo un Picchiapò, c’erano tanti Picchiapò, tanti quante le osteriole di Roma.

Il Picchiapò per Trilussa, che del Pierozzi era compagno di mangiate e di bevute, era quello di una trattoria verso le mura a Testaccio. Stava vicino al campo dove si allenava la Roma e pure il Fornaretto, quel grande attaccante che fu Amedeo Amadei, era spesso lì.

Il Picchiapò sparì da Roma quando le osteriole diventarono ristoranti, perché era piatto misero e la gente, tutta non solo i romani, dalla miseria non vedevano l’ora di scappare. E il Picchiapò invece gliela ricordava tutta. Che “sono venticinque anni che magnamo Picchiapò”, diceva Antonio (Nino Manfredi) in “C’eravamo tanto amati”. Perché il Picchiapò si mangiava dal lunedì e fino a quando c’era, e costava pochi soldi. E si mangiava più pane che Picchiapò, perché, anche se economico, costava meno il pane e allora via di scarpetta a saziar la pancia. 

   

  

Ora che i ristoranti si sono “evoluti” in trattorie e che i piatti popolari sono considerati il massimo, perché le tradizioni, ah le tradizioni, sono importanti e non possono essere dimenticate, ecco che è anche ritornato il Picchiapò, ma con la carne bbona. E poco importa se non c’è solo dal lunedì, ma c’è sempre. E non più solo per i poracci. E nemmeno che “se inizia cor Picchiapò e dimani se spera de magnà”, come faceva dire Giuseppe Pierozzi al suo personaggio, Pietro, in “La notte delle beffe” del 1939.

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