Roma Capoccia
E ora gli artist_ chiedono a Gualtieri il teatro Valle
Oggi incontreranno il sindaco in un’assemblea pubblica. Dopo l’accordicchio con Sangiuliano sul teatro di Roma sono arrabiatissimi: "Ci ha usati, ora il Valle fuori dalla fondazione". Pure Carocci nel mirino di artisti e operatori culturali
"Prima hanno urlato al blitz fascista, poi hanno fatto quest’accordicchio, è normale che c’è una comunità che si è sentita usata e presa in giro”, dice Vito Scalisi, presidente dell’Arci Roma. “All’inizio ci hanno detto che c’era la destra peggiore che stava occupando il teatro, poi l’hanno legittimata attraverso un accordo che va contro il bene della città”, conferma Christian Raimo, tra gli animatori della protesta di questi giorni di artisti, attori e registi intorno alla vicenda del teatro di Roma. Ai lavorat_, operat_ dello spettacolo e artist_ – come si appellano con trattino al posto della schwa nei loro comunicati – non è andato giù il doppio gioco del Campidoglio. Pronto a gridare al blitz fascista e a chiamare l’adunata quando il centrodestra (regionale e ministeriale) imponeva come direttore del Teatro di Roma Luca De Fusco, salvo poi ritrattare grazie a un accordo su una modifica allo statuto della fondazione – che gestisce i teatri Argentina, India, Torlonia e, dall’anno prossimo, Valle – che consentirà al Campidoglio di nominare il direttore amministrativo. “Peraltro, la legge Tognoli lo vieta, potranno al massimo fare un consulente, ma resterà sempre De Fusco a decidere tutto, il sindaco e Gotor si sono fatti fregare”, dice Raimo. Ora gli artisti chiedono che il teatro Valle sia staccato dalla fondazione.
Questo pomeriggio, l’appuntamento è per le ore 15 in Campidoglio, incontreranno il sindaco Roberto Gualtieri e l’assessore Miguel Gotor per presentare le loro richieste. Uno zoccolo duro pretende ancora che il Campidoglio si opponga fino in tribunale alla nomina a direttore artistico di De Fusco, ma una cosa del genere è ormai improbabile. Mentre martedì glo artisti manifestavano con la polizia in assetto antisommossa davanti al teatro, dentro il Cda ratificava la nomina, formalizzava la richiesta di finanziamento al Fondo unico dello spettacolo e convocava la fondazione per la modifica allo statuto che è il cuore dell’accordo Gualtieri-Sangiuliano. La vera richiesta dunque sarà un’altra e riguarda il teatro Valle. E’ questa: con la modifica dello Statuto non limitarsi a raddoppiare le poltrone, ma staccare il teatro Valle dalla fondazione teatro di Roma, trasformandolo in un teatro indipendente. “Non c’è dubbio, una delle cose che chiederemo è di togliere il Valle dalla fondazione per farne una casa del teatro contemporaneo”, spiega Raimo. “Sarà una delle nostre richieste”, conferma Scalisi. L’ipotesi è suggestiva proprio perché molti di coloro che protestano hanno attivamente partecipato, ormai dieci anni fa, alla lunga occupazione del teatro.
Ma sul piatto non ci sarà solo questo. E’ lunghissimo l’elenco delle associazioni – Arci Roma, Angelo Mai, Zalib, il Muretto, Saint Louise, Centofiori Ets, 30 formiche… – che hanno sottoscritto una lunga lettera aperta al sindaco e all’assessore Gotor in cui si fanno le pulci alle politiche culturali del Campidoglio. Si chiede ad esempio “l’assegnazione più tempestiva dei bandi dell’estate romana”, il rispetto della promessa di Gualtieri in campagna elettorale dell’ “aumento degli orari di apertura della metro nei giorni feriali e h24 nei fine settimana”, si denuncia la scomparsa della figura del “sindaco della notte”, anche questa promessa elettorale, o ancora “l’istituzione del consiglio della cultura di Roma”. Tra tutte però la polemica principale riguarda la fondazione Piccolo America di Valerio Carrocci che negli scorsi giorni ha ricevuto 250 mila euro dal comune per organizzare le arene estive. “E’ una vicenda sconcertante” quei fondi, si legge nella lettera sono “l’equivalente di sei volte l’intero bilancio culturale annuale di un singolo municipio”. “Gualtieri – dice Scalisi – nel suo programma parlava di una diffusione omogenea dell’offerta culturale sulla città, di un decentramento dei fondi, della città dei 15 minuti, della democratizzazione dell’accesso ai finanziamenti e invece questa scelta va in contrasto con tutte queste cose”.